Striscione inneggiante a Mussolini di Forza Nuova davanti a casa del sindaco: tre rinvii a giudizio e una condanna in abbreviato nell’udienza preliminare

12 aprile 2022 | 12:28
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Striscione inneggiante a Mussolini di Forza Nuova davanti a casa del sindaco: tre rinvii a giudizio e una condanna in abbreviato nell’udienza preliminare

Otto mesi e 400 euro di multa con la condizionale al militante Michele Ghilarducci: dovrà risarcire Tambellini, Comune e Anpi. Udienza il 4 ottobre per gli altri tre

Prima condanna per lo striscione inneggiante a Mussolini esposto da Forza Nuova nella notte fra il 21 e il 22 novembre del 2018 nella corte davanti alla casa del sindaco Alessandro Tambellini.

Oggi (12 aprile), infatti, davanti al Gup Alessandro Trinci si è svolta l’udienza preliminare per i 4 indagati con l’accusa di apologia di fascismo per l’episodio che tanta eco ha avuto in città, l’esposizione dello striscione con la scritta “Sua Eccellenza Benito Mussolini unico cittadino onorario”, una protesta contro l’ipotesi di cittadinanza ai figli degli immigrati sul territorio nazionale, l’ormai famigerato (e dimenticato) ius soli.

Gli indagati per il gesto clamoroso quanto eclatante erano Giovanni Damiani, 51 anni, di Lucca, all’epoca coordinatore provinciale del movimento di estrema destra, il coordinatore toscano Leonardo Cabras, 41 anni, di Livorno, Michele Ghilarducci di Pietrasanta ed Eugenio Nardi, 34enne di Altopascio.

Il pietrasantino Ghilarducci all’epoca coordinatore di Forza Nuova per la Versilia, difeso dall’avvocato Filippo Tacchi, ha scelto la via del rito abbreviato ed è stato condannato a otto mesi e a 400 euro di multa con la condizionale. Inoltre dovrà risarcire 5mila euro al sindaco Alessandro Tambellini e al Comune di Lucca e 2mila euro all’Anpi. Il primo cittadino, l’ente e l’associazione si erano costituiti parte civile nel procedimento. L’avvocato di parte civile che ha rappresentato in aula il sindaco Tambellini e il Comune di Lucca era Luca Cantini.

Rinviati a giudizio, invece, gli altri tre indagati: Damiani, Nardi (difesi dall’avvocato Emanuele Fusi) e Cabras (difeso dall’avvocato Fiore, rappresentato in aula dallo stesso Fusi), l’unico che non era presente la notte dell’affissione dello striscione ma ne avrebbe in qualche modo ‘rivendicato’ il gesto, torneranno in aula il prossimo 4 ottobre per la prima udienza del processo.

Il raid di Forza Nuova era scattato come forma di protesta nei confronti dell’iniziativa dell’amministrazione comunale che aveva concesso a 38 bambini figli stranieri la cittadinanza simbolica della città. La legge 645 del 1952, che sarebbe stata violata dai 4 imputati, sanziona chiunque promuova od organizzi sotto qualsiasi forma, la costituzione di un’associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione del disciolto partito fascista, oppure chiunque pubblicamente esalti esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche.

Le indagini per risalire ai presunti autori materiali del raid erano andate avanti per alcuni mesi. Ma già nelle prime fasi dell’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Salvatore Giannino, la polizia era riuscita attraverso indagini tecniche a stabilire la presenza di tre dei quattro indagati sul luogo dove venne rinvenuto lo striscione. Fin dall’inizio, infatti, gli inquirenti si erano concentrati su alcuni esponenti di spicco a livello locale e regionale di Forza Nuova. Si trattava, del resto, delle stesse persone che avevano rivendicato e avallato il gesto dimostrativo a casa del sindaco.

Da questo, l’inchiesta aveva preso le successive mosse fino ad arrivare alla piena identificazione dei quattro presunti responsabili: secondo la ricostruzione della procura, a Sant’Alessio quella notte si trovavano tre dei quattro indagati. C’erano, per la polizia, il segretario provinciale Damiani, il coordinatore della Versilia Ghilarducci e il militante di Altopascio Nardi. Ma l’operazione sarebbe stata approvata, stando a questa ricostruzione dell’accusa, dal coordinatore regionale Leonardo Cabras che è stato tra i primi a rivendicare l’azione, non solo attraverso un comunicato stampa ma anche sui social network, lasciando messaggi che non sono sfuggiti agli investigatori.