Sottufficiale della guardia costiera faceva anche l’autista di bus, condannato a risarcire la Marina

22 aprile 2022 | 15:31
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Sottufficiale della guardia costiera faceva anche l’autista di bus, condannato a risarcire la Marina

Il 41enne originario della Versilia era stato smascherato dalle indagini della guardia di finanza

Sottufficiale della guardia costiera condannato dalla corte dei Conti a risarcire alla marina militare italiane circa 15mila euro, perché nel tempo libero per alcuni anni avrebbe svolto anche l’attività di autista di autobus turistici e vetture private a noleggio. Tale attività era incompatibile con il proprio status di militare e, comunque, era stata svolta in assenza dell’autorizzazione dell’amministrazione militare.

L’uomo era finiti nel mirino della guardia di finanza di Lucca che aveva poi trasmesso a Roma l’incartamento per competenza. Il 41enne originario Versilia era quindi finito sotto processo a seguito di un’indagine da parte della Procura militare di Roma, per il reato di truffa militare aggravata che aveva portato all’accertamento dell’effettivo svolgimento di queste attività lavorative illecite, in contrasto con l’ordinamento del pubblico impiego e con quello, specifico, militare. Tuttavia, all’esito dell’inchiesta, su conforme richiesta del pubblico ministero, il Tribunale penale militare di Roma, con decreto nel 2019, aveva disposto l’archiviazione di tale posizione, ritenendo che la violazione di legge non assumesse rilevanza penale. Ma per contro, le risultanze dell’indagine penale, trasmesse ai fini erariali, avevano consentito di evidenziare che l’uomo, in modo occasionale ma ripetuto, nel 2017 e nel 2018 aveva svolto attività retribuita di autista di autobus turistici nonché di autista di vetture a noleggio.

Dalla consultazione della banca-dati dell’Istituto nazionale della previdenza sociale era inoltre emerso che il convenuto aveva svolto lavoro accessorio anche negli anni 2014, 2015 e 2016, in favore di ulteriori imprese. Inevitabile a quel punto l’avvio del processo davanti alla corte dei Conti della Toscana che nei giorni scorsi ha emesso la sentenza di condanna nei confronti del sottufficiale della Marina. Si legge infatti nella sentenza dei giudici contabili: “Innanzitutto, la vicenda è corroborata dagli atti di un procedimento penale. Per quanto esso non sia stato concluso da una sentenza di condanna (e non possa quindi operare l’efficacia prevista dall’articolo 651 del codice di procedura penale) nemmeno tali atti possono essere ritenuti irrilevanti sotto il versante probatorio. Infatti, il giudice contabile, a differenza di quello penale, può trarre argomenti di prova da tutti gli elementi in suo possesso, ivi compresi quelli che provengono dalla sede penale e, quindi, anche da quelli acquisiti nel corso delle indagini preliminari, ancorché non confermati da sentenza penale di condanna. In conclusione, nei confronti del convenuto, appaiono pienamente sussistenti in parte qua i presupposti e gli elementi oggettivi del danno erariale, sia pure con le specificità della fattispecie risarcitoria speciale in questione che è contraddistinta da una struttura bifasica della violazione, prima dell’obbligo di esclusività e, in seguito, del dovere di riversare le somme percepite per l’attività svolta. Risulta provato anche l’elemento soggettivo, connotato dal dolo, sotto forma di volontaria inottemperanza agli obblighi di servizio. Essi comportano il dovere di richiedere l’autorizzazione per lo svolgimento di attività professionale extralavorativa, nonché di riversare le somme indebitamente percepite”. Da qui la sentenza di condanna di risarcimento al corpo a cui appartiene delle somme guadagnate con l’attività lavorativa “parallela” incompatibile con il ruolo pubblico che ricopre.