Ufficio postale trattiene 50 euro in busta paga a una dipendente che ha incassato una banconota falsa: il tribunale dà torto all’azienda

30 aprile 2022 | 15:30
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Ufficio postale trattiene 50 euro in busta paga a una dipendente che ha incassato una banconota falsa: il tribunale dà torto all’azienda

La donna, secondo il giudice, non aveva a disposizione adeguati strumenti per la rilevazione della contraffazione

Un ufficio postale della Versilia trattiene in busta paga 50 euro a una sua dipendente perché avrebbe incassato una banconota falsa durante il versamento in contanti dei clienti in una giornata lavorativa del 2019 ma il giudice ordina la restituzione della somma: la postazione era sprovvista delle apparecchiature per la rilevazioni delle banconote contraffatte.

La donna ha impugnato in tribunale il provvedimento della direzione dell’ufficio dove lavora sostenendo che a seguito della perizia eseguita dalla Banca di Italia, con cui tale banconota veniva definita falsa, la società prima la convocava presso la filiale di Lucca per la firma dell’accordo sulle modalità di restituzione della somma dovuta e poi provvedeva a trattenerle dalla retribuzione (nel novembre 2020) la somma di 50 euro a titolo di “responsabilità patrimoniale mercato privato”.

La donna lamentava, quindi, il carattere illegittimo di tale trattenuta, osservando che quanto accaduto era da imputare esclusivamente alla condotta della società che, nonostante le ripetute sollecitazioni da parte delle organizzazioni sindacali, non ha mai provveduto ad installare le apparecchiature atte alla rilevazione dei falsi; che quello di specie non era un falso macroscopico, rilevabile ictu oculi, tanto da rendere necessario l’accertamento da parte della Banca d’Italia; che i tempi tecnici di svolgimento del lavoro allo sportello sono così veloci da non consentire una valutazione approfondita delle banconote maneggiate e incassate, tanto più nel periodo in questione dove l’affluenza dell’utenza era sopra la media; che alla stessa non può essere imputata una condotta colposa qualificabile come negligenza, imprudenza o imperizia in quanto non ha né causato un errore nei conteggi delle banconote, né un ammanco di cassa; che non risulta imputabile con certezza alla ricorrente la presenza della banconota falsa nel proprio cassetto a fine turno, in quanto la stessa non incassava solo gli importi consegnati dai clienti ma anche le sovvenzioni ricevute dal direttore in ufficio (e che in tal caso non si osservava la procedura inerente la sospetta falsità).

E il giudice Antonella De Luca del tribunale di Lucca le ha dato ragione. Si legge infatti in sentenza: “Il ricorso è fondato e, pertanto, deve essere accolto. Come emerso dagli atti prodotti, entrambe le parti riconoscono che la ricorrente, nello svolgimento delle proprie mansioni di operatore di sportello, non era dotata di alcun strumento atto alla rilevazione di banconote false. Com’è noto il datore di lavoro, in adempimento del proprio obbligo contrattuale, è tenuto a fornire al lavoratore tutti gli strumenti necessari per lo svolgimento dell’attività lavorativa. Stante l’evoluzione tecnologica e l’espandersi del fenomeno della contraffazione, la condotta della società convenuta che non ha provveduto a fornire alla lavoratrice alcun conta banconote per la rilevazione di banconote false o sospette di falsità deve essere qualificata alla stregua di un inadempimento contrattuale. Si rileva, inoltre, che stante i principi di buona fede e correttezza, al cui rispetto deve essere improntato il comportamento del datore di lavoro, la condotta della società, quale società operante nel settore del credito, appare del tutto inadeguata se si pensa che ormai pressoché tutte le attività commerciali, anche i più piccoli esercizi (bar, ristoranti), si sono dotati di tale strumentazione allo scopo di arginare condotte fraudolenti”.

Da queste motivazioni la condanna nei confronti di Poste Italiane a restituire la somma alla dipendente perché trattenute illegittimamente.