Indennità di accompagnamento non dovuta, ma l’Inps non può chiedere la somma indietro: tribunale di Lucca conferma la giurisprudenza

8 luglio 2022 | 11:46
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Indennità di accompagnamento non dovuta, ma l’Inps non può chiedere la somma indietro: tribunale di Lucca conferma la giurisprudenza

L’ente previdenziale aveva richiesto la restituzione di 24mila euro, costringendo l’anziano a fare causa

L’Inps richiede indietro a un invalido di Lucca ben 24mila euro di indennità di accompagnamento che non erano dovuti, ma la giurisprudenza in merito è inequivocabile e non è possibile chiedere la restituzione di servizi erogati se non c’è dolo da parte del ricevente. Il tribunale cittadino annulla l’ennesimo provvedimento dell’ente previdenziale.

Invalido lucchese riceve un provvedimento dall’Inps di restituzione di 24mila euro, ma non è possibile richiedere somme di denaro erogate se non si dimostra il dolo del ricevente nella vicenda e il giudice annulla tutto. L’ennesimo caso dell’ente previdenziale che pare non voler recepire le infinite sentenze in merito alla cosiddetta ripetibilità delle somme erogate.

Quando arriva una comunicazione da parte di Inps meglio sempre farla visionare prima a un legale di fiducia. Nonostante e malgrado la numerose sentenze che formando giurisprudenza hanno chiarito in modo inequivocabile che le somme erogate dall’Inps per un qualunque servizio non possono essere richieste indietro al cittadino se non nel caso di dolo accertato da parte del cittadino, l’ente previdenziale prosegue a inanellare sconfitte in tribunale, a Lucca come nel resto del paese. Ma tant’è si continuano a richiedere indietro somme di denaro senza averne diritto.

L’ultimo caso dei tanti solo al tribunale di Lucca riguarda M. N., invalido, a cui l’ente aveva richiesto indietro ben 24mila euro di prestazioni già erogate che secondo l’Inps non gli spettavano, difeso dall’avvocato Carla Genovali. E il disabile lucchese è stato costretto a fare causa all’ente per vedersi riconoscere i propri diritti perché in sede di contestazione primaria aveva ricevuto esito negativo. In data 29 giugno 2021 infatti ha presentato ricorso chiedendo la revoca del provvedimento di indebito, respinto dall’Inps con delibera del comitato del 28 settembre 2021.

Il giudice Antonella De Luca dopo aver esaminato gli atti del procedimento giudiziario ha dato ragione al cittadino e annullato il provvedimento dell’Inps. Questo perché l’ente aveva continuato ad erogare l’indennità di accompagnamento per ben 4 anni salvo poi rivolerli, come a dire “ci siamo sbagliati ora ci deve restituire i soldi”. Ma questo non è legale, perché il disabile con l’errore dell’Inps non c’entra assolutamente nulla. E solo in caso di dolo l’ente può richiedere indietro soldi erogati. Ma la burocrazia italiane è cieca e sorda a volte.

Oggetto del giudizio riguarda l’indebita percezione dell’indennità di accompagnamento per sopravvenuta carenza dei requisiti sanitari, accertata a seguito di visita medica di controllo a cui aveva fatto seguito una revoca della prestazione tardiva, soltanto nel 2021; “il ricorrente disabile rileva che al sopravvenuto difetto del requisito sanitario doveva seguire la sospensione della prestazione dalla data della visita medica e nei successivi 90 giorni la revoca, pertanto deduce l’illegittimità del comportamento dell’Inps, il quale ha disposto la sospensione dell’erogazione della prestazione a distanza di diversi anni dall’espletamento della visita di revisione. Il ricorso è fondato e va pertanto accolto”. E ancora: “In conformità a tali principi si ritiene che, non ricorrendo pacificamente ipotesi di insussistenza a priori del diritto alla provvidenza (quale l’assenza del rapporto assistenziale o il ricovero in istituto di cura a carico dell’erario), l’assenza di dolo e l’affidamento incolpevole dell’assistito escludono la ripetibilità delle somme ricevute prima della comunicazione della revoca di maggio 2021. Né a contrario può ritenersi che la mera comunicazione del verbale di visita della commissione medica del 22.9.16 che non risulta ad ogni modo prodotto dall’ente”.

L’Inps è stato condannato anche a pagare circa 2mila euro di spese legali. Più chiaro di così.