L’Inps richiede indietro somme non dovute per un errore di calcolo: il giudice dà torto all’istituto

Ribadita a Lucca la giurisprudenza consolidata: la ripetizione è possibile soltanto se viene provato il dolo
A volte la burocrazia purtroppo dimostra di essere completamente cieca ma in questo caso c’è anche una sorta di continuità strana in alcuni comportamenti dell’ente previdenziale italiano. Non è la prima volta che il tribunale di Lucca (così come altri tribunali italiani) emettono sentenza contraria alle istanze dell’Inpsin tema di ripetibilità della somme erogate, cioè quando l’ente richiede indietro cifre già inviate, perché è possibile richiedere indietro soldi ai cittadini solo ed esclusivamente nel caso sia stato dimostrato il dolo del beneficiario, e non per altri motivi.
Ma tant’è l’Inps continua con questa pratica di provare a riavere somme erogate. Anche in questo ultimo caso è stata fatta istanza all’Inps ma è stata rigettata, a quel punto non resta altro che rivolgersi al tribunale, ma passano sempre un po’ di anni.
L’ultimo caso in ordine cronologico finito sul tavolo dei giudici lucchesi riguarda una donna che nel 2004 perde il padre. La madre a quel punto, già pensionata pure lei, inizia a beneficiare della reversibile del marito deceduto e nel novembre del 2019 muore. La figlia a quel punto richiede all’Inps il cosiddetto “rateo” cioè le somme dovute in quanto unica erede sulla tredicesima mensilità di pensione che, essendo già maturata, spetta appunto agli eredi. Ma nel gennaio del 2020 la donna riceve dall’Inps una richiesta di oltre 16mila euro da restituire per somme non dovute alla madre dal 2013 al 2018.
L’ente aveva rifatto alcuni calcoli e stabilito di aver dato alla madre della donna soldi in più di quelli spettanti. La donna trasale e prova a fare ricorso all’ente ma niente: respinta. Per evitare che l’iter proseguisse con decreti ingiuntivi decide di giocare d’anticipo di fare lei causa all’Inps. Sicura che sia lei sia la madre non avessero in alcun modo a che fare con il calcolo errato dell’Inps e quindi di non dover nulla all’ente. E così è stato poi dimostrato ma ci sono voluti oltre due anni e mezzo di udienze per dimostrare di avere ragione.
Chissà se in altri casi, con cifre minori, se qualche cittadino abbia preferito pagare all’Inps le cifre richieste invece di affrontare una causa giudiziaria come in questo caso. L’unico consiglio che si può dare è di far visionare sempre a un legale di fiducia e se non si hanno possibilità di rivolgersi alle tante associazioni presenti sul territorio della Lucchesia se l’Inps dovesse inviarvi una richiesta ufficiale di restituzione di somme già erogate.
Il giudice Maurizio Piccoli del tribunale di Lucca, nella sentenza pubblicata nei giorni scorsi, scrive: “Accoglie il ricorso proposto dalla donna e per l’effetto dichiara non ripetibili da parte dell’Inps le somme erogate alla madre, sino alla data del provvedimento di revoca; condanna l’Inps alla restituzione delle somme eventualmente trattenute a tale titolo, con gli accessori di legge; condanna l’Inps al pagamento delle spese legali che liquida in complessivi 2580 euro oltre ad alle spese generali e di lite”.
Tutte le sentenze simili di tutti i tribunali italiani stanno seguendo le indicazioni della suprema Corte di Cassazione che si è espressa chiaramente e più volte in merito alla ripetibilità delle somme da parte degli enti e delle amministrazioni, scrivono infatti i giudici di Piazza Cavour: “Va rilevato che ai fini della ripetizione (Cassazione 31372/2019 e Cassazione 28771/18) richiedono, entrambe, che sia necessario il “dolo comprovato dell’accipiens atto a far venir meno l’affidamento dell’accipiens stesso”.
La speranza è che l’Inps smetta di richiedere indietro soldi ai cittadini se non in caso di dolo comprovato ed eviti inutili cause giudiziarie che costano invece soldi e fatica solo ed esclusivamente ai cittadini, soprattutto dal punto di vista economico, atteso che le inevitabili condanne alle spese legali e di lite nei confronti dell’ente nelle cause che la vedono soccombente alla fine sono pagate dai contribuenti.