Piastra Bagnata, non ci fu calunnia: niente risarcimento per Puglia

L’ex sindaco di Vagli perde la causa per il risarcimento contro chi lo aveva querelato
Mario Puglia, ex sindaco di Vagli, ha perso anche in Appello la causa di risarcimento danni contro chi lo aveva querelato, per i giudici non basta che le denunce poi abbiano portato a un’assoluzione nel processo penale.
Per i giudici per configurare il reato di calunnia e quindi di un risarcimento bisogna dimostrare che chi ha denunciato lo abbia fatto di proposito pur sapendo innocente la persona su cui si chiede di indagare. Scrivono infatti i giudici Cecchi, Garrappa e Soggia, nella sentenza di secondo grado pubblicata nelle scorse settimane e che ha confermato quella dei giudici di Lucca che già avevano respinto il ricorso di Mario Puglia: “Per la configurabilità del delitto di calunnia è richiesta, nella consapevolezza dell’agente dell’innocenza dell’incolpato, l’attribuzione di un reato integrato nei suoi elementi costitutivi, che sono innanzitutto, quelli obiettivi, consistendo la calunnia nell’incolpare taluno di un reato. Non integra pertanto il delitto di calunnia la denuncia di un fatto realmente accaduto, ma non riconducibile ad alcuna norma incriminatrice”.
Le querele proposte nei suoi confronti erano state proposte nell’ambito di un articolato contenzioso che opponeva il Comune di Vagli Sotto, di cui il Puglia era all’epoca il sindaco, alla Cooperativa Apuana a r.l., la Regione Toscana, il comune di Stazzema e l’ente pubblico Amministrazione separata dei beni di uso civico (Asbuc). In particolare, stando ai resoconti processuali, la cooperativa aveva ricevuto in concessione dal comune di Vagli Sotto la cava Piastra Bagnata, che coltivava sin dalla fine degli anni ’80 e che generava enormi profitti; la concessione era in scadenza ed occorreva rinnovarla, pena l’interruzione delle lavorazioni; il sindaco di allora Mario Puglia sosteneva che l’ente competente alla concessione della cava ed all’incameramento degli elevati canoni concessori fosse il Comune, intestatario catastale dell’agro marmifero, mentre la cooperativa Apuana, la Regione Toscana, il sindaco di Stazzema e l’Asbuc sostenevano che la competenza spettasse all’Asbuc.
Dalla stipula del contratto di concessione dipendeva il rilascio dell’autorizzazione estrattiva, anch’essa nel frattempo scaduta, e la risoluzione di collaterali e rilevanti questioni pendenti tra la Cooperativa Apuana ed il Comune di Vagli Sotto; “il sindaco Puglia – era stato ricostruito -aveva posto in essere svariati atti amministrativi tendenti ad impedire all’Asbuc di gestire la cava e i diritti di concessione da cui scaturirono le iniziative in sede penale degli odierni appellati; nel dettaglio, Donella Taddei, in qualità di presidente dell’Asbuc aveva proposto contro Mario Puglia tre denunce, due delle quali erano confluite nel procedimento penale; Giuliano Lorenzoni, presidente dell’Asbuc succeduto alla Taddei, aveva proposto a sua volta altre due denunzie querele sempre nei confronti del Puglia confluite nel procedimento penale 1987/2006; infine, Giuliano Lorenzini in qualità di presidente della Cooperativa Apuana a.r.l. aveva presentato a sua volta una denunzia querela sempre nei confronti del Puglia; il processo penale 1987/2006 si concluse con l’assoluzione di Mario Puglia dai reati a lui ascritti perché il fatto non sussiste”.
I giudici rigettando l’Appello di Mario Puglia lo hanno condannato a circa 8mila euro di spese processuali.