Si fa pubblicità con i clienti del parrucchiere dove lavora in attesa di aprire il suo salone: legittimo il licenziamento

Il dipendente postava foto su Instagram e avrebbe anche tentato di ‘soffiare’ la manodopera durante l’orario di lavoro
Scatta foto ai e alle clienti a cui tagliava i capelli, in uno dei più noti saloni della Lucchesia, dove lavorava come dipendente, per poi pubblicarle sul profilo Instagram del suo negozio da parrucchiere di prossima apertura come pubblicità.
Inoltre, sempre secondo i giudici, avrebbe anche chiesto a colleghi e colleghe di andare a lavorare da lui, sempre durante gli orari lavorativi, e fornito il proprio numero ai clienti del salone dove stava lavorando per “soffiarli” e portarli da lui nella sua nuova attività.
Scoperto dai suoi datori di lavoro è stato licenziato in tronco per giusta causa, avendo violato i principi di correttezza, buona fede e fedeltà che legano un lavoratore alla società per cui lavora, ai sensi degli articoli 1175, 1375 e 2015 del codice civile. Tutto questo avveniva nei primi mesi del 2019 ma l’uomo non si è fermato qui. Dopo il licenziamento ha fatto causa al suo ex datore di lavoro chiedendogli anche circa 8mila euro di risarcimento.
Nei giorni scorsi la sentenza a firma del giudice Antonella De Luca del Tribunale di Lucca che ha respinto il suo ricorso, riconoscendo la legittimità del licenziamento per giusta causa e condannando l’uomo a 2400 euro di spese di lite. Fondamentali le testimonianze dei colleghi e dei clienti e soprattutto le foto su Instagram. In aula infatti l’uomo aveva negato tutto. Verso la fine del 2019 poi l’uomo ha comunque aperto il suo nuovo salone in Lucchesia. Ma i clienti a cui ha scattato fotografie per pubblicarle sul suo profilo instagram non gli avevano rilasciato nessun permesso e ora possono chiedergli i danni di tale violazione.
Si legge in sentenza: “Dalle deposizioni testimoniali è emerso con chiarezza come il ricorrente, durante lo svolgimento dell’attività lavorativa presso il salone dell’allora datore di lavoro, abbia posto in essere atti volti a sottrargli dipendenti, sviare la clientela e quindi farsi pubblicità, postando sul proprio profilo instagram foto dei tagli effettuati sui clienti del negozio, senza l’autorizzazione del datore di lavoro e in assenza del consenso degli stessi clienti. D’altra parte non sono state rappresentate ragioni evidenti ragioni oggettive e rilevanti contrasti tali da far ritenere inattendibili i testi sentiti. Com’è noto, sul lavoratore grava l’obbligo di fedeltà, sancito dall’articolo 2105 del codice civile, integrato dai generali doveri di cui agli articoli 1175 e 1375 del codice civile, che impongono al lavoratore di comportarsi secondo correttezza e buona fede nello svolgimento della prestazione lavorativa”.
Da queste risultanze processuali la pronuncia del tribunale lucchese: “Nel caso di specie il licenziamento irrogato al lavoratore deve pertanto ritenersi legittimo, avendo il lavoratore violato l’obbligo di buona fede ed avendo assunto una condotta contraria ai principi di buona fede e correttezza, commettendo fatti così gravi da non consentire la prosecuzione anche provvisoria del rapporto di lavoro”.
Il collegio degli avvocati delle parti in causa era formato dai legali Daniele Guarnieri, Simona Bisà e Anna Pirano. Questa è ciò che emerso dal processo di primo grado che potrebbe anche non avere seguito e passare in giudicato, a meno di ricorsi in appello.