Alla morte dei nonni scatta la guerra per la polizza vita: i soldi vanno ai 2 nipoti

Erano spuntati altri due beneficiari e Poste si rifiutava di pagare. La Corte d’Appello ha confermato la sentenza del tribunale
Poste italiane si rifiuta di pagare il premio di una polizza vita ai designati perché ci sarebbero altre persone con cui dividere la somma indicate successivamente e non può rilevare i nomi invocando la legge sulla privacy.
La corte d’Appello di Firenze pone fine al contenzioso e conferma la sentenza del tribunale di Lucca: i soldi vanno alle sole due persone indicate all’epoca della sottoscrizione della polizza vita perché le modifiche successive sono state ritenute illegittime, quindi non importa conoscere i nomi per poter intentare un’altra causa. Tutto era iniziato nel 2007 quando un cittadino di Lucca aveva inteso stipulare con Poste Italiane una polizza vita assicurando il cosiddetto “evento morte” suo e della sua convivente, a favore dei suoi 2 nipoti, non avendo figli.
Nello stesso anno era poi deceduto e nel 2010 era poi morta anche la sua convivente. I 2 nipoti che erano a conoscenza della polizza a loro favore avevano quindi chiesto il premio che gli spettava. E qui il colpo di scena. Poste afferma che la convivente dell’uomo nel 2009 aveva modificato i beneficiari allargandoli ad altre 2 persone. Poste quindi si rifiuta di pagare l’intera polizza ai 2 nipoti trattenendo la somma destinata agli altri beneficiari e affermando di non poter nemmeno comunicare i nominativi per la legge sulla privacy. I 2 nipoti non riuscendo a convincere Poste e non conoscendo i nomi delle altre 2 persone decidono quindi di rivolgersi ai giudici. Nel corso del giudizio di primo grado veniva disposta anche una perizia contabile volta a quantificare l’indennizzo in ipotesi dovuto.
Già il tribunale di Lucca nel 2017 aveva dichiarato illegittime le modifiche successive ma Poste ha impugnato tale decisione alla corte d’Appello di Firenze che le ha dato nuovamente torto e condannandola anche a circa 4mila euro di spese processuali.
Scrivono in sentenza i giudici di secondo grado Cecchi, Caporali e Soggia: “Va innanzitutto rilevato, in sintonia col primo giudice, che la reiterata allegazione dell’appellante circa l’impossibilità di rivelare i nominativi dei beneficiari è del tutto irrilevante ai fini del decidere, dal momento che non occorre affatto conoscere le identità di queste persone per stabilire se sia stata legittima la condotta di Poste Vita. Sia la clausola della polizza, sia la disposizione ex art. 1921 c.c. sono chiarissime nell’affermare che il potere di revoca della designazione del beneficiario è riservato al solo contraente, tanto da non potere essere trasferito agli eredi di questi, nonostante la successione universale comporti il subentro anche nel contratto assicurativo stipulato dal dante causa. La norma vuole dunque tutelare la volontà del contraente anche dopo la morte di questi. Consegue dalle considerazioni fin qu svolte che l’avere consentito all’Assicurato di modificare le persone dei Beneficiari è stato un atto illegittimo da parte dell’odierna appellante perché ha comportato una violazione degli obblighi assunti sia verso lo stipulante, sia direttamente verso gli odierni appellati che dal primo erano stati designati quali beneficiari. Da ciò discende che il pagamento dell’indennizzo assicurativo a persone non coincidenti con i primitivi beneficiari designati dallo stipulante è da reputarsi improduttivo di effetti liberatori in quanto eseguito ad un non avente diritto privo di legittimazione a ricevere la prestazione”. I 2 nipoti, difesi dall’avvocato Maura Landi, avranno l’intera somma della polizza, come da volontà del loro parente, e sottoscrittore dell’assicurazione, l’unico che avrebbe potuto modificare o aumentare i beneficiari.