“Non è tuo figlio”, ma l’ex compagno non si accontenta e ottiene il riconoscimento in tribunale

La donna dopo la nascita ha negato all’uomo di conoscere e visitare il piccolo: il tribunale ha ripristinato i diritti di entrambe le parti
Prima gli dice di aspettare un figlio da lui ma poi quando nasce il bimbo, nega tutto e quindi si rifiuta di farglielo vedere o riconoscere. L’uomo si rivolge ai giudici per ottenere riconoscimento e visite.
Una coppia viareggina al centro di un gran brutta storia di enorme ed eccessiva conflittualità che ha coinvolto, come sempre in casi simili, un bambino che oggi ha solo tre anni, il tribunale di Lucca ha risolto i risvolti legali della vicenda, quelli umani restano in fase di evoluzione. Nel 2019 la donna comunica, stando ai resoconti processuali, al compagno di essere in attesa di un figlio, ma l’uomo si trova all’estero per lavoro e il loro rapporto iniziato si è ormai deteriorato, dopo conflitti tali da essere sfociati anche in reciproche accuse e denunce anche di rilevanza penale.
Alla nascita del piccolo la donna, dopo che la relazione con l’uomo e padre di suo figlio era finita, va a registrare la nascita con il suo solo cognome e quando l’uomo ritorna a Viareggio per chiedere di poter riconoscere il figlio oltre che di poterlo vedere lei si rifiuta negando di avergli detto che si trattava di suo figlio.
A quel punto l’uomo è stato di fatto costretto a rivolgersi ai giudici lucchesi, dopo aver provato per due anni a convincere la donna a risolvere bonariamente la questione. Ma il livello di conflittualità tra i due è andato oltre il limite, e non è dato sapere né importa più di tanto conoscere il livello di responsabilità di ciascuno per quelle liti infinite, conta solo il bene del bambino. La relazione è finita ma il bimbo è vivo e vegeto e ha dei diritti precisi, da tutti i punti di vista. Da questo assunto si sono mossi, ovviamente, i giudici del tribunale di Lucca, Giuntoli, D’Ettore e Morelli che nella sentenza pubblicata nelle scorse settimane hanno accolto le richieste dell’uomo ma stabilito anche alcune precise disposizioni a tutela del bambino di soli 3 anni.
In aula, alla presenza anche di un pubblico ministero a tutela del minore, la donna non ha più sostenuto che la paternità non fosse dell’uomo, anche perché con un test sul Dna sarebbe stato facilmente dimostrabile, ma chiesto i risarcimenti per il mancato accudimento e sostentamento, l’affido esclusivo e il mantenimento del solo cognome materno. Si legge infatti in sentenza: “I rapporti tra i genitori naturali continuavano ad essere connotati da aperta conflittualità; che di fatto era sempre stato ostacolato dalla madre un effettivo rapporto tra padre e figlio; tanto premesso, a fronte del rifiuto da parte della donna, la quale aveva riconosciuto il figlio per prima, chiedeva al tribunale di provvedere al riconoscimento; chiedeva, inoltre, la modifica del cognome del minore con la sostituzione o, in ipotesi, con l’aggiunta del proprio a quello della madre, nonchè la determinazione delle modalità di affidamento e la contestuale la condanna della donna al risarcimento per privazione del diritto alla bigenitorialità. La donna, non proposta opposizione al riconoscimento, si costituiva non contestando la domanda in punto di status; contestava invece la domanda quanto al risarcimento dei danni e al richiesto cognome; chiedeva di diversamente provvedere in ordine all’affidamento e al mantenimento del figlio; chiedeva in via riconvenzionale la condanna dell’attore al pagamento del mantenimento arretrato”.
I giudici dopo aver raccolto tutte le varie prove hanno stabilito che il padre possa riconoscere il figlio, che il bambino avrà i due cognomi e non solo quello della madre, hanno anche stabilito i giorni e gli orari di visita da parte del padre dopo aver sentenziato l’affidamento congiunto con prevalenza di abitazione del bimbo a casa della madre, e la quota di mantenimento che il padre dovrà versare mensilmente alla madre del piccolo. Non hanno accolto nessuna richiesta di risarcimento né dell’una né dell’altra parte.
Ma soprattutto hanno deciso che i servizi sociali di Viareggio dovranno seguire l’andamento e l’evoluzione della situazione. Conclude la sentenza: “I servizi sociali del Comune di Viareggio vigileranno sull’osservanza di tale iniziale regime di visita da parte dei genitori e provvederanno quindi ad elaborare (anche per i periodi delle ferie e per i periodi festivi), tenendo conto dell’effettivo andamento della situazione, un idoneo calendario di visite, nella prospettiva dell’incremento del diritto di visita del padre sino alla successiva individuazione delle modalità e delle cadenze del futuro pernottamento; calendario che consenta la piena esplicazione ed espansione del richiamato principio di bigenitorialità, avuto peraltro riguardo preminente alle esigenze derivanti dalla tenera età del minore. I servizi sociali provvederanno a depositare relazione scritta ogni 6 mesi al giudice tutelare, in caso d verificatesi criticità, provvederanno ad informarne con sollecitudine il giudice”.
Infine hanno invitato entrambi i genitori del bambino di seguire un percorso di sostegno psicologico alla genitorialità, individuale e di coppia. Il collegio dei legali di tutte le parti in causa era formato dagli avvocati Germana Foglia Laganà, Barbara Forleo, Giammarco Romanini e Stefano Genick.