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Droga, rifiuti e appalti pubblici: l’ombra della mafia in Lucchesia

1 ottobre 2022 | 18:38
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Droga, rifiuti e appalti pubblici: l’ombra della mafia in Lucchesia

L’allarme nella relazione della Dia relativo al secondo semestre del 2021

Le mafie sempre più in espansione anche “grazie” alla perdurante crisi economica. In Toscana e Lucchesia i boss di ‘ndrangheta e camorra non fanno rumore e si mimetizzano per fare affari.

La relazione della Dia sul secondo semestre dello scorso anno rilancia l’allarme sulle manovre della criminalità organizzata finalizzate ad inquinare l’economia sana e confondere le acque.

L’analisi sui fenomeni delittuosi condotta dalla Dia nel secondo semestre 2021 sulla base delle evidenze investigative, giudiziarie e di prevenzione, conferma ancora una volta che il modello che ispira le diverse organizzazioni criminali di tipo mafioso appare sempre meno legato a manifestazioni di violenza e diversamente rivolto verso l’infiltrazione economico-finanziaria. Crisi economica, terreno fertile per le mafie, capaci di una liquidità impressionante derivante soprattutto dal traffico di droga e capace di riempire quel vuoto di cui c’è bisogno al fine di riciclare, reinvestire, creare nuovi business, e di conseguenza inquinare l’economica sana e legale, con ogni mezzo necessario, come sempre. La nuova relazione della Dia (direzione investigativa antimafia) relativa al secondo semestre del 2021, pubblicata nelle scorse ore, rilancia l’allarme anche in Toscana e nelle province della presenza di clan presenti in regione per fare affari. Per la Dia anche nel secondo semestre dello scorso anno le difficoltà vissute dalle imprese toscane specialmente nei settori turistico-alberghiero, manifatturiero, del commercio e della ristorazione hanno evidenziato una crisi legata in gran parte alla mancanza di liquidità.

Ciò è potenzialmente capace di lasciare spazio di manovra alle organizzazioni criminali forti dell’elevata disponibilità economica che gli consente di operare in sostituzione o in aggiunta allo Stato sociale. In continuità con i periodi precedenti sarebbe confermata la presenza e l’operatività di elementi contigui alle organizzazioni criminali mafiose i quali gestirebbero talvolta in sinergia con soggetti autoctoni numerose attività illecite con lo scopo di ottenere il massimo profitto nei settori di maggior interesse quali gli appalti pubblici, la gestione e lo smaltimento di rifiuti, nonché il campo turistico-alberghiero. Inoltre le consorterie criminali straniere continuerebbero a dimostrare le loro capacità in molteplici attività criminali perlopiù legate al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, allo sfruttamento della prostituzione e della manodopera clandestina. In materia di criminalità autoctona sembrerebbe confermata la rilevanza di esponenti legati a camorra e ‘ndrangheta mentre con riferimento alla criminalità straniera le compagini di etnia albanese continuerebbero a manifestare pericolosità e incidenza nelle attività illecite seguite dai cinesi che continuerebbero a mantenere un ruolo primario in molte attività specialmente nel distretto del tessile-abbigliamento che coinvolge la periferia ovest e l’hinterland fiorentino (con specifico riferimento ai comuni di Sesto Fiorentino e Campi Bisenzio) fino ad abbracciare tutta la provincia di Prato e parte di quella di Pistoia.

La Lucchesia

L’infiltrazione dei sodalizi mafiosi in Liguria prevalentemente di origine calabrese ha avuto inizio verosimilmente dagli anni ’50 in ragione del florido tessuto economico-imprenditoriale della regione, nonché per il favorevole posizionamento geografico che dell’area fa un crocevia strategico tra la Versilia, la Costa Azzurra, le regioni del nord Italia, il nord Europa e attraverso i sedimi portuali verso gli altri continenti. La strategia di “mimetizzazione” perseguita dai clan ha reso più difficoltoso in un primo momento acquisire consapevolezza circa la capillare presenza nel territorio ligure della ‘ndrangheta. Tale dato invece oggi è finalmente acquisito anche sotto il profilo giudiziario. Nel restante territorio regionale diversi sono i contesti socio-economici in cui i sodalizi mafiosi nostrani hanno dimostrato competitività e attitudini imprenditoriali. Gli interessi criminali si estenderebbero inoltre su tutta la costa, dall’Argentario alla Versilia passando per la provincia di Grosseto e in particolare l’Alta Maremma, le aree portuali di Piombino, Livorno, l’isola d’Elba e le province di Pisa e Lucca, tutti territori economicamente significativi e appetibili per investimenti illeciti. In un territorio ampio e articolato sotto il profilo geografico ed economico come quello toscano non vanno trascurate neppure province che nel presente semestre non evidenziano specifiche risultanze investigative, come Siena intesa sia con riferimento al comune capoluogo, sia al circostante territorio provinciale ricco e sempre appetibile per gli interessi della criminalità nel campo turistico e della ristorazione ovvero in quello delle costruzioni. Gli investigatori hanno fatto luce sull’esistenza di un legame mafioso attivo nell’importazione di grossi quantitativi di cocaina dal Sudamerica, nonché nelle estorsioni e nel riciclaggio dei relativi capitali illeciti. Inoltre l’organizzazione criminale era riuscita a estendere il suo controllo in diversi settori dal trasporto conto terzi, alla ristorazione e ai servizi di pulizia e facchinaggio. Nel corso dell’attività investigativa sul filone calabrese, sono stati accertati anche rapporti tra presunti affiliati alla cosca Pesce e quelli della cosca Molè e altre, con ramificazioni in Lombardia, nelle province di Como e Varese. Le indagini di Reggio Calabria si sono incrociate con quelle fiorentine, consentendo d’individuare l’arrivo di carichi di cocaina presso il porto sia di Gioia Tauro, sia di Livorno, per poi arrivare anche in Versilia e nella Lucchesia, dove esponenti di spicco dei narcos si sono incontrati con boss e picciotti di ‘ndrangheta per organizzare i trasporti. Per quanto attiene la presenza di appartenenti alla criminalità organizzata di origine siciliana essa risulta meno penetrante rispetto alla ‘ndrangheta e alla camorra, come in tutta la regione. Insomma risulta urgente a questo punto ricoprire le caselle vuote alla Dda di Firenze, nel ruolo di procuratore capo al posto di Creazzo, così come si è in attesa della nomina, sempre da parte del Csm, del nuovo procuratore generale presso la corte d’Appello di Firenze al posto di Viola. La lotta contro la criminalità organizzata in Italia come in Toscana va condotta con uomini specializzati e risorse e mezzi ad hoc se si vuole impedire l’espansione ormai in continua crescita ovunque proprio “grazie” alla perdurante crisi economica.