Cade nel supermercato e chiede i danni. I giudici negano il risarcimento: “Colpa dei suoi tacchi a spillo”

La donna sosteneva di aver perso l’equilibrio perché nella corsia del supermercato c’era una sostanza scivolosa
Tutta colpa dei tacchi a spillo. Non è l’inizio di un romanzo rosa né una storia di seduzione. E’ l’esito di una sentenza che ha negato ad una donna i danni per un brutto incidente tra gli scaffali di un’attività di Lucca.
I giudici non hanno infatti riconosciuto alcun risarcimento per la donna che era caduta in un supermercato della Lucchesia mentre faceva la spesa: anche per la Cassazione la signora è scivolata solo perché aveva i tacchi a spillo quella mattina di alcuni anni fa. Sebbene la donna e alcuni teste abbiano riferito dell’esistenza di alcune macchie scivolose sul pavimento della corsia, i giudici della suprema corte di Cassazione hanno ritenuto più credibile la testimonianza dei poliziotti accorsi in seguito alla caduta.
L’unico segno di sporcizia riscontrato da questi ultimi è, per l’appunto, la striscia lasciata dal tacco a spillo. La colpa dell’accaduto, quindi, come sostenuto dalla società convenuta fin dall’inizio, è da attribuire alle calzature indossate dalla signora. Di conseguenza, il ricorso presentato dalla donna è stato respinto anche dagli ermellini. La donna aveva già perso la causa durante il secondo grado nel contenzioso in cui aveva trascinato la nota catena di supermercati, e sperava in un ribaltamento della sentenza che invece non c’è stato. Il suo ricorso per Cassazione è stato dichiarato inammissibile.
Nei giorni scorsi l’ordinanza con le relative motivazioni dei giudici di Piazza Cavour sul ricorso contro la precedente pronuncia della corte d’Appello di Firenze del febbraio del 2021. Si legge infatti nell’ordinanza a firma del presidente della sesta sezione della Cassazione, Adelaide Amendola: “In punto di fatto, la ricorrente riferisce di aver adito l’autorità giudiziaria, lamentando di aver subito lesioni personali a seguito della caduta provocata, a suo dire, dalla presenza di una sostanza scivolosa presente sul pavimento del supermercato. La convenuta in giudizio, invece, la predetta società, essa si difendeva attribuendo ad altro fatto la causa della caduta, presumibilmente, il tipo di calzatura, scarpa con tacco a spillo, indossata dalla donna, assumendo pure che il pavimento in questione, all’esito di ispezione condotta nell’immediatezza del fatto, risultava perfettamente asciutto e pulito”.
E gli ermellini hanno appoggiato la ricostruzione effettuata in Appello nella quale era emerso che: “l’inattendibilità della deposizione di uno dei testi il cui esame era stato indotto dall’attrice che indicava la presenza del liquido in luogo diverso da quello in cui si verificava la caduta, nonché quanto accertato dagli agenti di polizia intervenuti sul luogo del sinistro, secondo cui nel punto della caduta il pavimento risultava asciutto ed era visibile una strisciata nera simile a quella di un tacco a spillo come quello indossato dalla signora quella mattina”.
I giudici hanno bocciato il suo ricorso ritenendo non assolto dalla donna l’onere di provare il nesso causale, ed in particolare che la caduta fosse da ascrivere alla presenza di sostanza scivolosa sul pavimento e non già alle sue calzature. Concludono infatti gli ermellini in sentenza: “Tanto emerge, difatti, dalla scelta di privilegiare non solo la diversa versione dei fatti fornita dai testi escussi su richiesta della convenuta, ma anche quanto accertato dagli agenti di polizia intervenuti sul luogo del sinistro secondo cui nel punto della caduta il pavimento risultava asciutto ed era visibile una strisciata nera simile a quella di un tacco, spiegando persino perché non potesse darsi credito all’ipotesi secondo cui, prima del loro arrivo, vi sarebbe stato tutto il tempo di ripulire la macchia, e ciò sia per l’assenza di elementi in atti in tal senso, sia perché, all’arrivo degli agenti, la donna si doleva della mancata assistenza di addetti al supermercato, e dunque di essere rimasta sola sul luogo dell’incidente fino all’arrivo dei soccorritori”. Ricorso inammissibile dunque ma spese processuali compensate. L’unico risultato positivo.
(La foto è d’archivio e non si riferisce ai fatti raccontati nell’articolo)