Sei anni e 8 mesi all’ispettore della Polstrada Gianluca Pantaleoni: ordinata la confisca di 400mila euro

25 ottobre 2022 | 13:52
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Sei anni e 8 mesi all’ispettore della Polstrada Gianluca Pantaleoni: ordinata la confisca di 400mila euro

La difesa annuncia ricorso in appello. L’ispettore della Polstrada assolto dai reati più gravi di riciclaggio e corruzione

Sei anni e 8 mesi. È questa la condanna decisa dal collegio giudicante, presieduto da Alessandro Buzzegoli con, a latere, Alessandro Azzaroli, del tribunale di Pistoia per Gianluca Pantaleoni.

Ultimo atto, oggi, 25 ottobre, del processo in primo grado che ha visto alla sbarra l’ispettore della Polstrada.

Assolto per i reati più gravi di riciclaggio e corruzione, per traffico di influenze illecite ed abbandono del posto di servizio. Condannato per circonvenzione di incapace e autoriciclaggio alla pena di 3 anni e 8 mesi, per truffa ai danni dello stato, peculato e detenzione abusiva di proiettili e palette alla pena di tre anni. Ordinati la confisca di 400mila euro e 15mila da pagare per risarcimento civile verso il ministero dell’interno oltre 3420 di spese legali. Il collegio non ha accettato il deposito del fascicolo sanitario integrale acquisito dalla difesa.

Il pubblico ministero, all’udienza di luglio scorso, aveva chiesto una condanna a 6 anni e 4 mesi: 4 anni per autoriciclaggio, 1 anno per corruzione, 6 mesi per circonvenzione di incapace, 8 mesi per peculato, 1 mese per le munizioni e 1 mese per le palette trovate durante la perquisizione, 3 mesi per la truffa ai danni dello Stato, 3 mesi per traffico di influenze illecite e 1 mese per abbandono del posto di lavoro.  “Una figura doppia – cosi lo ha aveva descritto il pm durante la sua requisitoria – da un lato un ispettore di polizia integerrimo, impegnato sindacalista, paladino della legalità, che non esita a denunciare i possibili comportamenti corruttivi di colleghi e superiori, dall’altro un poliziotto che frequenta pregiudicati, che si fa dare da loro denaro, e al quale viene contestata una mole di reati impensabili per un pubblico ufficiale”.  

“Non commento mai le sentenze  – le parole a caldo del difensore, avvocato Giovanni Cantelli del Foro di Napoli Nord -. Le motivazioni sono attese tra 90 giorni, poi faremo ricorso in Appello”. 

La sentenza di primo grado mi ha assolto dai reati più gravi quali la corruzione, ovvero la macchia più scura per un poliziotto, il riciclaggio, il traffico di influenze illecite e l’abbandono del posto di servizio, riconoscendo le mie proteste di innocenza sin dalla fase delle indagini preliminari – il commento del poliziotto condannato – Dopo tre anni che in questo processo sono stati stigmatizzati presunti rapporti da me intrattenuti con malavitosi ed imprenditori in odor di mafia, in cambio di favori e di soldi, peraltro ed in particolare con il clan camorristico Terracciano, la sentenza finalmente ha riconosciuto l’inesistenza di qualsiasi condotta illecita relativamente a questi reati. La condanna invece per circonvenzione di incapace e conseguentemente per il correlato reato di auto riciclaggio arriva dopo un’istruttoria dibattimentale che ha visto la persona offesa ritirare la querela e manifestare il suo più profondo dissenso per il fatto che fosse stata definita come una incapace. Proseguirò la mia difesa in appello per dimostrare la mia più totale estraneità ai reati per i quali è intervenuta sentenza di condanna”.

Arrestato il 5 dicembre del 2019 dopo un’indagine della squadra mobile, all’epoca diretta dal vice questore aggiunto Antonio Fusco, l’ispettore, in forza al comando provinciale di Lucca ma distaccato alla sottosezione di Montecatini Terme, fu messo in carcere, prima a Pistoia e dopo a Sollicciano, poi ai domiciliari con tanto di braccialetto elettronico, e, infine, sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di dimora. 

L’inchiesta era partita da movimenti sospetti sui conti correnti. Un giro di soldi, in soli 3 anni, secondo l’accusa, di circa 900mila euro, molti dei quali, per gli inquirenti, sarebbero stati utilizzati in ricariche per scommesse on line. Cifre da capogiro a fronte di uno stipendio di un ispettore di Polizia. E’ quanto era emerso dal fascicolo di indagine a carico di Gianluca Pantaleoni, per il quale fu disposta un’ordinanza di custodia cautelare a firma del gip Luca Gaspari, su richiesta del procuratore della Repubblica pistoiese Giuseppe Grieco e del sostituto procuratore della Repubblica Leonardo De Gaudio.

Denaro – in bonifici e assegni – in cambio di favori, che, secondo l’accusa, sarebbero stati versati da imprenditori, tutti indagati, della Valdinievole e della Lucchesia, alcuni legati alla malavita. Pantaleoni, si leggeva nelle carte, avrebbe fatto da “talpa”, fornendo ai suoi “amici”  le targhe, il modello e il colore delle auto civetta della questura di Pistoia, mettendo a rischio i colleghi, e fatto pressioni, in questura a Lucca, per facilitare uno degli imprenditori  finiti nell’inchiesta a ottenere il rinnovo del porto d’armi.

Durante le indagini, durate circa un anno, nei confronti dell’ex comandante del distaccamento della Polstrada di Viareggio, Pantaleoni era stato pedinato e intercettato, e ogni suo spostamento era stato monitorato grazie al gps che gli investigatori della Mobile di Pistoia gli avevano installato sull’auto. 

Tra le accuse mosse al poliziotto sindacalista ( ex segretario nazionale della Uil ) anche la truffa allo Stato, con finte malattie per cui era stato assente 60 giorni in tre mesi, poi la corruzione per asservimento della funzione, la truffa aggravata – anche ai danni dello Stato – il traffico di influenze illecite, il riciclaggio e l’autoriciclaggio.  

Tra i reati contestati all’ispettore della Polstrada Gianluca Pantaleoni anche il reato di circonvenzione di incapacenei confronti di una donna ipovedente, impiegata bancaria a Pisa, dalla quale, sempre secondo l’accusa, il poliziotto, facendole credere di essere innamorato, in tre anni, dal novembre 2016 al luglio del 2019, avrebbe ricevuto bonifici per centinaia di migliaia di euro, oltre a contanti, assegni e soldi presi utilizzando le sue carte di credito.  Una “manipolazione”, scrivevano i magistrati inquirenti  nelle carte giudiziarie.: “C’avevo da levargli i soldi”, la frase estrapolata da una intercettazione telefonica con un amico”. Un bisogno continuo di denaro – secondo la procura – dovuto al suo “vizio”: il gioco d’azzardo.

Difeso inizialmente dagli avvocati Cristiano Baroni e Riccardo Carloni, del Foro di Lucca, poi dagli avvocati fiorentini Antonio Olmi e Massimiliano Palena, Pantaleoni, dopo aver loro revocato il mandato,non accettando riti alternativi, come l’abbreviato e il patteggiamento, e intendendo proseguire con la “via” del dibattimento, per dimostrare la sua estraneità ai fatti contestati e respingendo ogni accusa mossa, aveva scelto come suo difensore il legale partenopeo Giovanni Cantelli.

Nelle ultime udienze, l’ispettore, aveva anche presentato un lungo memoriale a sua difesa, controbattendo, punto per punto, tutti i punti dell’accusa.