Va in testacoda in autostrada, esce dal mezzo e viene travolta da un camion: si salva ma il risarcimento danni è ridotto

Il tribunale le riconosce la responsabilità al 70 per cento del sinistro stradale: non aveva indossato il giubbotto catarifrangente
Dopo un testacoda si incammina a piedi di notte in autostrada, e senza giubbotto catarifrangente, cercando aiuto, ma viene investita da un camion; sopravvive riportando alcune fratture ma per i giudici il suo comportamento è stato illegittimo e le riconoscono il 70 per cento di colpa nella causa di risarcimento danni.
Nel 2013 era stata investita da un autocarro straniero sull’autostrada Genova-Livorno in un tratto che ricade nel comune di Viareggio, ora la corte d’Appello di Milano, competente per giurisdizione, nei giorni scorsi, ha stabilito che la donna, all’interno del contenzioso civile con l’assicurazione per i danni, deve essere risarcita ma con soli 35mila euro, perché le è stato riconosciuto il 70 per cento della colpa: tra l’altro non indossava il giubbotto catarifrangente. La donna era stata colpita dal mezzo e miracolosamente era rimasta viva anche se aveva riportato alcune fratture.
La 41enne di Viareggio aveva proposto appello contro la sentenza di primo grado ma il suo comportamento durante il sinistro non le ha consentito di riuscire ad ottenere una cifra maggiore dall’Uci, l’ufficio centrale italiano di assicurazione per i veicoli a motore in circolazione internazionale sul territorio italiano che ha sede a Milano.
Il 31 gennaio del 2013 intorno alle 22, la signora stava percorrendo l’autostrada Genova-Livorno nel territorio comunale di Viareggio, per rientrare a casa. Stando al resoconto processuale, in quei giorni il tratto autostradale in questione era interessato da lavori in conseguenza dei quali la corsia di sorpasso era occupata da un cantiere e, pertanto, non era percorribile. I veicoli transitavano, dunque, su due corsie: su quella naturale di marcia e sulla corsia di emergenza, adibita, per l’occorrenza, a corsia di marcia. La carreggiata risultava delimitata, a destra, da guard-rail e, a sinistra, da new jersey in cemento e la velocità massima consentita in quella tratta era pari a 80 chilometi all’ora. La donna, alla guida della propria autovettura, ha percepito in ritardo la presenza del cantiere, secondo i giudici, andando così ad urtare il guard-rail destro della carreggiata e finendo in testa coda con la parte posteriore della macchina contro il new jersey in cemento. Il veicolo, a seguito dell’urto, non era più marciante così la signora era scesa dall’auto, e si era incamminata a a piedi lungo l’autostrada cercando di fermare le auto in corsa e, dopo alcuni minuti, è stata travolta dall’autocarro spagnolo.
Ricostruita correttamente la dinamica del sinistro, il tribunale milanese aveva individuato le violazioni scaturite dalle condotte tenute reciprocamente sia dalla signora sia dal conducente del mezzo che l’aveva poi investita, come emergenti da tutti gli elementi raccolti nel corso delle indagini tecniche espletate durante il processo. E da queste perizie era i giudici avevano deciso che si trattava di un concorso di colpa e che le colpe maggiori fossero proprio della donna. Si legge infatti in sentenza: “In particolare, il giudice di prime cure ha ritenuto imprudente la condotta del conducente dell’autocarro per non avere moderato oltremodo la velocità specie in considerazione dell’ora buia, del tratto autostradale con carreggiata ristretta, dei lavori in corso e della presenza di un veicolo incidentato in mezzo alla strada. Quanto alla signora, il giudice ha rilevato un comportamento gravemente imprudente a lei addebitabile per avere la stessa camminato a piedi senza giubbotto retroriflettente lungo un’autostrada non illuminata e in ora buia e, per di più, in un tratto privo di corsia di emergenza, valorizzando l’ulteriore circostanza che proprio nei pressi del luogo in cui l’auto dell’attrice era rimasta bloccata, vi era una piazzola di sosta dove avrebbe potuto e dovuto mettersi in sicurezza ed attendere i soccorsi. Appurato dunque che l’accertata condotta tenuta dalla signora ha concorso causalmente nella determinazione del sinistro, il tribunale ha attribuito alla stessa una percentuale di responsabilità pari al 70%, ponendo a carico del conducente del mezzo, la residua percentuale pari al 30%. Tale ripartizione è condivisibile”.
La donna è stata condannata anche a pagare metà delle spese processuali.