Riacquista un macchinario dalla ditta in concordato preventivo ma arriva la sanzione da un milione di euro

7 novembre 2022 | 15:16
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Riacquista un macchinario dalla ditta in concordato preventivo ma arriva la sanzione da un milione di euro

Secondo la Cassazione la rinuncia al credito è fiscalmente rilevante. Si dovrà tenere un nuovo processo d’appello

Dopo 17 anni di battaglie giudiziarie che l’avevano vista vincente nei primi due gradi di giudizio è arrivata la sentenza della suprema corte di Cassazione che ribalta completamente gli esiti precedenti, e per una società che progetta e produce macchinari tissue per cartiere si spalancano le porte di una sentenza a suo sfavore su una sanzione di 1 milione di euro, più interessi, che dovrà dunque essere pagata.

I fatti risalgono al 2005 quando l’officina meccanica di Villa Basilica aveva venduto a una cartiera un macchinario del valore di 6 milione e mezzo di euro. La cartiera versa alla società 2 milioni di euro ma poi va in difficoltà economiche tali da avviare le procedure di fallimento e viene ammessa innanzitutto al concordato preventivo. Nel 2007 quindi mancano ancora due terzi dell’importo alla ditta che aveva venduto il macchinario.

A quel punto alla ditta restano due vie: provare a recuperare i 4 milioni e mezzo di euro dalla procedura fallimentare o riacquistare il bene. Si opta per questa seconda scelta. Viene proposto dunque alla procedura il riacquisto del macchinario a 4 milioni e mezzo di euro per ritornare in possesso del bene e tale richiesta viene accettata, ovviamente, dalla procedura e avallata dal tribunale di Lucca, con rinuncia al credito privilegiato.

A quel punto sembra tutto a posto ma anni dopo un accertamento della Guardia di finanza negli stabilimenti della società  arriva l’emissione di una sanzione da 1 milione di euro per omessa fatturazione e quindi di iva sui 4 milioni e mezzo a cui aveva rinunciato. Sia la commissione tributaria provinciale sia quella regionale danno ragione alla ditta lucchese ma la Cassazione invece è di tutt’altro avviso. Nel frattempo infatti la normativa di riferimento è cambiata e la rinuncia al credito è divenuta fiscalmente rilevante e quindi ci va pagata l’Iva sopra.

Oltretutto, successivamente all’acquisto dal fallimento, la ditta, stando alla sentenza della Cassazione, aveva poi venduto quel macchinario per il prezzo di euro 6.630.000, quello di mercato. Si legge infatti nella sentenza degli ermellini pubblicata il 4 novembre scorso: “A seguito di verifica fiscale l’Agenzia delle entrate aveva emesso nei confronti della società la sanzione pecuniaria di euro 932.142,23 in conseguenza della omessa fatturazione di euro 4.660.711,14, importo considerato dall’ufficio corrispettivo aggiuntivo al prezzo corrisposto per il riacquisto di un macchinario in precedenza venduto alla cartiera. Avverso quest’atto la  società aveva proposto ricorso, accolto dalla Ctp di Lucca. Contro questa sentenza l’agenzia delle entrate ha proposto appello, respinto dalla Ctr Toscana con la sentenza 362/8/14. L’agenzia delle entrate ha quindi proposto ricorso per Cassazione affidato a due motivi. Nelle more del giudizio la contro ricorrente ha proposto domanda di definizione agevolata della controversia. Successivamente l’agenzia delle entrate ha comunicato l’avvenuto diniego della domanda di definizione. In data 18 dicembre 2020 l’agenzia delle entrate ha depositato istanza di trattazione del giudizio”.

E infine la decisione: “La fatturazione dell’operazione ai fini Iva, avrebbe dovuto assumere come base non solo il corrispettivo pattuito in contanti, ma, come sostenuto dall’amministrazione finanziaria, anche la rinuncia al credito vantato dall’acquirente. La corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, e cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto rinviando alla corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana in diversa composizione che deciderà anche sulle spese del presente giudizio”.

Un nuovo processo di secondo grado si svolgerà dunque nelle prossime settimane che dovrà tenere conto delle indicazioni dei giudici di Piazza Cavour. Una tegola decisamente ingombrante per la società lucchese che dopo oltre 17 anni sarà verosimilmente chiamata a pagare la maxi sanzione a seguito dell’accertamento della guardia di finanza su un fatto avvenuto nel lontano 2005. Ma tant’è.