Fugge dalla comunità per uccidere la madre: nei guai dopo mesi di maltrattamenti il figlio di 43 anni

La donna era finita all’ospedale con 30 giorni di prognosi: la squadra mobile ha ricostruito diversi episodi di minacce e violenze
Non era caduta accidentalmente in casa, fratturandosi entrambi i polsi. Era stata spinta dal figlio che la minacciava di morte e la vessava da tempo. E’ quanto ipotizza la polizia che nelle ultime ore ha eseguito nei confronti di un 43enne la misura della libertà vigilata. L’accusa è quella di maltrattamenti ai danni della madre.
Nel marzo scorso l’uomo era fuggito da una comunità terapeutica in cui era in cura per alcuni problemi legati a uso di alcol e droghe, e si era diretto a casa della madre con l’intento di ucciderla. La donna era stata sottratta al figlio e salvata dall’intervento di volanti e carabinieri, che avevano rintracciato il 43enne e lo avevano portato al reparto di psichiatria del San Luca mentre gli uomini della squadra mobile iniziavano le indagini, ricostruendo una serie di episodi violenti e di minacce.
In particolare gli investigatori hanno scoperto che il 15 gennaio scorso la donna era stata aggredita dal figlio: si era dovuta recare al pronto soccorso per entrambi i polsi fratturati ma aveva detto di essere caduta in casa. Le indagini della polizia hanno fatto emergere una situazione ben diversa, fatta di maltrattamenti, ingiurie e perfino danneggiamenti in casa della donna. Gli agenti hanno anche ricostruito come si erano svolti i fatti quel 15 gennaio, sostenendo che fosse stato il figlio a dare una forte spinta alla madre in un momento di raptus, procurandole lesioni giudicate guaribili in 30 giorni.
Il gip su richiesta della procura ha applicato nei confronti dell’uomo la misura di sicurezza della libertà vigilata, allo scopo di contemperare le esigenze di tutela della persona offesa con quelle di cura dell’indagato.
Nella giornata di ieri agenti della Squadra Mobile, con la collaborazione del Centro di Salute Mentale Adulti di Lucca, ha collocato l’uomo all’interno di una struttura terapeutica residenziale, misura provvisoria la cui durata sarà costantemente monitorata in base al comportamento tenuto dall’indagato e alle sue condizioni psichiche.