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Pfas: ecco la mappa delle ‘molecole eterne’ in Toscana secondo Arpat

14 novembre 2022 | 21:39
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Pfas: ecco la mappa delle ‘molecole eterne’ in Toscana secondo Arpat

Per l’agenzia il 70 per cento delle stazioni in acque superficiali e il 30 per cento delle stazioni in acque sotterranee monitorate in Toscana presenta residui di queste sostanze

Si torna a parlare di Pfas, le sostanze chimiche tra le più pericolose al mondo e che hanno creato disastri ambientali e alla salute e alla vita di persone nel Veneto di recente, e prima ancora negli Stati Uniti, con lo scandalo Dupont. Le molecole eterne, create in laboratorio prima per esigenze militari e poi industriali, sono utilizzate fondamentalmente dagli anni ’50 per la produzione di numerosi prodotti commerciali: impermeabilizzanti per tessuti, tappeti, pelli, insetticida, schiume antincendio, vernici, rivestimento dei contenitori per il cibo, cera per pavimenti e detersivi.

Ma sono così pericolose per la salute e per l’ambiente perché sono difficilissimi da smaltire per la natura e impossibili da metabolizzare per gli organismi viventi, per cui si accumulano nel tempo arrivando se non subito ma appunto negli anni alle soglie critiche di sviluppo di tumori e malformazioni e mutazioni genetiche oltre ad inquinare per centinaia di anni l’ambiente se non smaltiti nel modo corretto. Ecco perché l’Ue sta perseguendo una politica graduale ma costante che va verso la cosiddetta “soglia zero”, mentre in Italia manca ancora una legge seria e aggiornata in materia che ne impedisca l’utilizzo anche perché esistono altre sostanze che danno gli stessi risultati, come le paraffine, che però non hanno questi nefasti effetti collaterali. In Italia secondo la commissione parlamentare d’inchiesta che ha pubblicato una relazione ad hoc sul tema, le regioni più interessate al problema sono Veneto, Lazio, Piemonte, Lombardia e Toscana.

I Pfas in Toscana

Ricordando che le sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) sono composti chimici prodotti dall’uomo e pertanto non presenti naturalmente nell’ambiente e che alla fine finiscono inesorabilmente in acqua, in regione l’argomento è tornato alla ribalta proprio nei giorni scorsi e sempre grazie ad Arpat che nell’annuario, riferito al 2021, ha pubblicato tutti i dati sull’ambiente con una parte dedicata ai Pfas.

Già in commissione parlamentare nella relazione della scorsa primavera si affermava che: “Arpat individua nel territorio toscano, quali fonti di origine dei Pfas, il comparto tessile della provincia di Prato e un distretto conciario di valenza internazionale a Santa Croce sull’Arno e San Miniato Fucecchio, in provincia di Pisa. Inoltre, Arpat ritiene come probabili fonti di pressioni anche gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane e industriali e le discariche di rifiuti”. Sono questi i territori dai quali, secondo Arpat, proviene la maggior parte dei Pfas in Toscana.

E, andando a leggere i dati dell’annuario presentato lo scorso 11 novembre si apprende che: “Il 70% delle stazioni in acque superficiali e il 30% delle stazioni in acque sotterranee monitorate in Toscana presenta residui di Pfas. Tutti i campioni del biota (animali e vegetali, pesci in primis) hanno residui di Pfas cioè nel 100% dei campioni monitorati”. E poi sempre Arpat scrive che: “Il 37% delle stazioni in acque superficiali monitorate supera gli standard europei di Pfas. Nelle acque sotterranee e nel biota non si rileva alcun superamento di soglia”. Il nostro Paese registra il più grave inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche in Europa. Il disegno di legge in discussione al Senato prevede soglie massime di sversamento. Ma per scienziati e attivisti, invece, l’unico limite accettabile è pari a zero. Mentre l’Unione europea si muove per bandire la produzione di sostanze perfluoroalchiliche, meglio conosciute come Pfas, a livello italiano le proposte “più quotate” di regolamentazione sono ancora al vaglio del Parlamento. Non solo.

Il disegno di legge non affronta altre due tematiche centrali: il sistema di controllo delle aziende e l’assenza dei cosiddetti standard analitici. Sono le aziende, in un regime di autocontrollo, a fornire i dati sul rilascio di sostanze pericolose nell’ambiente ma soprattutto gli enti di controllo spesso sono impossibilitati a verificare la presenza di ogni tipo di Pfas in quanto non sono in possesso degli standard analitici di tutte le molecole. In attesa comunque la Regione Toscana potrebbe dire la sua visti i ripetuti allarmi lanciati da Arpat. Prima che sia troppo tardi.

Cosa scrive Arpat sul suo sito web ufficiale su Pfas e salute

“Possibili effetti avversi sulla salute umana. Disfunzioni del sistema immunitario: nel 2016, il National toxicology program (Ntp) ha concluso che il Pfoa e il Pfos (due Pfas più comunemente usati e trovati nell’ambiente) sono considerati un rischio per la funzione del sistema immunitario sano negli esseri umani; l’esposizione degli adulti ai Pfas è stata anche associata ad una diminuzione nella produzione di anticorpi. Cancro: i dati epidemiologici sulle associazioni tra Pfas e rischio di cancro sono limitati, gli studi condotti mostrano che le persone esposte ad alti livelli di Pfas possono avere un aumento del rischio di cancro al rene o ai testicoli, tuttavia, questi studi potrebbero non aver esaminato altri fattori come il fumo. Altre ricerche condotte su animali hanno dimostrato come Pfoa e Pfos possono causare cancro al fegato, ai testicoli, al pancreas e alla tiroide. Tuttavia, alcuni scienziati ritengono che gli esseri umani potrebbero non sviluppare gli stessi tumori degli animali. Sviluppo cognitivo e neurocomportamentale dei bambini: alcuni studi epidemiologici sull’uomo hanno mostrato associazioni tra alcuni Pfas ed effetti sullo sviluppo. Uno studio sull’uomo ha rilevato un’associazione tra esposizione ai Pfas durante la gravidanza e diminuzione del peso alla nascita e della circonferenza della testa, solo nei maschi. Altri studi hanno dimostrato relazioni tra esposizione prenatale a determinati Pfas (soprattutto Pfos) ed effetti neurocomportamentali come, ad esempio, abilità cognitive, sviluppo psicomotorio, disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività. Disturbi endocrini: gli studi suggeriscono che l’esposizione precoce ad alcuni Pfas può contribuire allo sviluppo di malattie metaboliche, tra cui l’obesità e il diabete di tipo 2. Sebbene sia necessaria un’ulteriore conferma, i risultati di uno studio suggeriscono che l’esposizione ad alcuni Pfas durante la gravidanza possa influenzare il metabolismo dei lipidi e la tolleranza al glucosio. Sembra che alcuni Pfas possano anche influenzare il peso corporeo più avanti nella vita. La fertilità è un altro risultato correlato agli effetti endocrini: una revisione della letteratura sulle recenti prove epidemiologiche umane sull’associazione tra esposizione ad alcuni Pfas e misure di fertilità umana mostra il potenziale di effetti sulla fecondabilità femminile (cioè la probabilità di concepimento). Dalla sommaria rassegna degli studi condotti, emerge senza dubbio come sia necessario intensificare la ricerca in questo campo; se infatti negli ultimi anni la conoscenza delle associazioni epidemiologiche è costantemente cresciuta, molte domande rimangono ancora senza risposta ed occorre migliorare la comprensione dei potenziali meccanismi e processi biologici attraverso cui i Pfas possono avere un impatto sulla salute umana. Un gruppo di oltre 50 scienziati e regolatori internazionali si è riunito nel novembre 2017 a Zurigo, in Svizzera, e ha identificato e condiviso esigenze ed obiettivi in materia di Pfas, formulando raccomandazioni per tutti coloro che svolgono ricerca, legiferano ed utilizzano tali sostanze, esortandoli a collaborare”. Forse sarebbe il caso di iniziare a prendere provvedimenti innanzitutto a livello regionale. Si vedrà. Ne continueremo a parlare senza ombra di dubbio.