Colpito dall’interdittiva antimafia rischia di perdere il lavoro ma il Tar annulla tutto

15 novembre 2022 | 13:49
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Colpito dall’interdittiva antimafia rischia di perdere il lavoro ma il Tar annulla tutto

Perde efficacia l’atto emesso a seguito di una condanna per riciclaggio di 17 anni fa

Per anni ha dovuto tenere il fiato sospeso perché il rischio era di “perdere” la sua attività lavorativa per una vecchia condanna che però nulla aveva a che fare con la criminalità organizzata, e per la quale invece aveva ricevuto una interdittiva antimafia dalla Prefettura lucchese. Il Tar annulla tutto e gli dà pienamente ragione. Dopo 6 anni termina la personale odissea giudiziaria e umana del titolare di una rinomata tabaccheria della Versilia che nel 2016 aveva ricevuto una interdittiva antimafia che rischiava di vanificare tutti i suoi sforzi lavorativi. Ora il Tar nella sentenza di merito ha annullato il provvedimento prefettizio emesso dalla prefettura di Lucca e restituito serenità all’uomo che ha avuto per anni una spada di Damocle su tutto ciò che aveva costruito nel tempo. E grazie alle richieste iniziali dei suoi legali, gli avvocati Nicola Laurito e Stefano Dalle Mura, e alla disponibilità dell’agenzia dei monopoli di Stato si è evitato il peggio.

L’agenzia aveva infatti accolto le istanze difensive dell’imprenditore nelle quali avevano chiesto di attendere l’esito del giudizio di merito e avendolo ottenuto l’uomo ha potuto evitare la chiusura della sua attività lavorativa. Tutto era partito per via di una vecchia condanna per riciclaggio di ben 17 anni prima rispetto all’interdittiva che aveva poi portato all’emanazione del provvedimento prefettizio. Ma i giudici hanno accolto in toto le istanze dei legali con parole chiare e inequivocabili.

Si legge infatti in sentenza: “Emerge la necessità che un provvedimento così invasivo come l’informazione prefettizia antimafia debba fondarsi su dati di fatto concreti che denotino un pericolo attuale di infiltrazione mafiosa. In tale contesto il reato pregresso costituisce solo un indice sintomatico (“reato spia”) e non è sufficiente a fondare l’interdizione così come, correlativamente, anche la mancanza di un reato non è sufficiente ad escludere il pericolo di infiltrazione mafiosa nell’impresa laddove altri fatti, oppure le stesse risultanze fattuali processuali che pure hanno condotto ad una sentenza di assoluzione, inducano a ritenere secondo un criterio probabilistico che sia verosimile un tentativo di condizionamento dell’azienda da parte di organizzazioni criminali. In altri termini il reato non è condizione né necessaria, ma neanche sufficiente, per motivare l’emanazione dell’informativa interdittiva dovendo quest’ultima basarsi anche su circostanze concrete e di fatto, risultanti dalle indagini delle forze di polizia, le quali valutate nel loro insieme e nella loro concatenazione reciproca lascino presumere con alto grado di probabilità l’esistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa per condizionare gli indirizzi dell’azienda. E’ stato anche stabilito che l’informativa antimafia può legittimamente fondarsi pure su circostanze risalenti nel tempo purché, però, queste, riguardate nel loro complesso, siano idonee almeno in termini presuntivi, in conformità al criterio del più probabile che non, a giustificare un giudizio di attualità e concretezza del pericolo di infiltrazione mafiosa nella gestione dell’attività di impresa”.

Elementi che secondo i giudici del Tar di Firenze sono assenti sia nel provvedimento interdittivo e impugnato che nel verbale della riunione del gruppo interforze. La stessa nota ministeriale successiva al provvedimento richiamava alla necessità di fondare i provvedimenti interdittivi sul serio coinvolgimento del soggetto interessato in indagini di polizia riguardanti il fenomeno mafioso. “Anche quest’ultimo elemento è assente sia nel provvedimento impugnato che negli atti procedimentali dallo stesso richiamati”. All’uomo era stato anche negato l’accesso alla documentazione alla base della interdittiva antimafia. La sua condanna lontana nel tempo non aveva nessun collegamento con la criminalità organizzata. Da qui la sentenza. “Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (sezione seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati, come da motivazione. Condanna la Prefettura di Lucca al pagamento delle spese processuali nella misura di  2.500 euro oltre accessori di legge; spese compensate invece per l’agenzia delle dogane e dei monopoli” L’uomo ora può tirare un sospiro di sollievo di non poco conto.