Il numero dell’avvocato non compare negli elenchi, compagnia telefonica condannata a pagare

La Cassazione conferma l’Appello dopo il ricorso presentati dagli eredi della professionista
I tre figli ed eredi di un’avvocatessa della Lucchesia hanno riassunto la causa davanti alla suprema corte di Cassazione per impugnare la precedente decisione dello scorso della corte d’Appello fiorentina che ribaltando la sentenza di primo grado del Tribunale di Lucca aveva riconosciuto la nota compagnia telefonica Vodafone colpevole di perdita di chance e l’aveva condannata al risarcimento di 3mila euro nei confronti della madre.
Gli eredi in Cassazione ne avevano richiesti 30mila ma per gli ermellini il danno risarcito in via equitativa in secondo grado soddisfa le esigenze del caso. Tutto era nato negli anni dal 2010 al 2012 quando l’avvocatessa aveva più volte richiesto formalmente alla compagnia telefonica che il suo numero di telefono di studio comparisse sugli elenchi telefonici “pagine gialle” e “pagine bianche”, ma senza esito.
Per tre anni tale numero non è comparso e quindi la compagnia telefonica è stata citata in giudizio dalla professionista per la richiesta di risarcimento danni. Il giudice di primo grado di Lucca rigettava la domanda, sul presupposto che nessun addebito potesse elevarsi a carico di Vodafone Italia, in ragione della mancata allegazione da parte della professionista del proprio documento di identità, così come prescritto dall’articolo 9 delle condizioni generali di contratto, secondo cui il cliente, che intenda inserire i propri dati personali negli elenchi telefonici, deve sottoscrivere un apposito modulo, allegando ad esso un documento di identità.
Ma il giudice di appello accoglieva nel 2021 (la donna nel frattempo era deceduta nel 2017) parzialmente il gravame esperito degli eredi, ritenendo che il comportamento della società di telefonia, consistito nel non attribuire rilievo all’avvenuta sottoscrizione e invio del modulo, pur in assenza di invio di copia del documento d’identità, fosse contrario a buona fede; che essa, infatti, avrebbe mancato nel non avvisare la propria cliente della incompletezza della documentazione, e ciò nonostante la professionista avesse reiterato l’invio del modulo per tre volte. E su tali basi, pertanto, il secondo giudice riconosceva il danno da perdita di chance, valorizzando la circostanza che le dichiarazioni dei redditi della dal 2009 al 2011 attestavano perdite costanti di fatturato, sebbene non tutte addebitabili al mancato inserimento del nominativo del legale negli elenchi telefonici. Il giudice di appello, pertanto, riteneva equo liquidare euro 1.000 per ogni annualità, quantificando, così, il danno in 3mila euro, escludendo, invece, “essere stato concretamente provato pure un danno reputazionale, asseritamente patito dalla professionista”. La Cassazione con la sentenza pubblicata ieri (28 novembre) ha confermato quanto stabilito dai giudici fiorentini rigettando il ricorso degli eredi. Il caso è chiuso.