Indennità di disoccupazione negata dopo le dimissioni per giusta causa: il giudice dà ragione al lavoratore

4 dicembre 2022 | 09:58
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Indennità di disoccupazione negata dopo le dimissioni per giusta causa: il giudice dà ragione al lavoratore

Era assunto a tempo indeterminato da una cooperativa che a un certo punto ha smesso di pagare. Per farsi riconoscere il diritto si è dovuto rivolgere al tribunale

Lavora per oltre due anni (e con un contratto a tempo indeterminato) in una cooperativa multiservizi di Lucca come socio-lavoratore ma poi due anni fa si dimette e per giusta causa perché non riceveva più lo stipendio da mesi. Succede anche questo.

A quel punto il giovane lucchese chiede all’Inps l’indennità di disoccupazione che gli spetta, la Naspi, ma oltre al danno la beffa: l’istituto infatti gli nega l’accesso all’ammortizzatore sociale. Eppure sul sito Inps si legge chiaramente che la Naspi è riconosciuta in caso di dimissioni per giusta causa o nel periodo tutelato di maternità. Ma niente da fare. Inevitabile rivolgersi a un legale di fiducia e fare causa all’istituto. Il primo dicembre scorso il giudice del tribunale cittadino, Alfonsina Manfredini, ha stabilito in sentenza “il diritto del ricorrente a percepire l’indennità di disoccupazione Naspi a far data dal 6 maggio 2020” e condanna “Inps a rimborsare alla parte ricorrente le spese di lite, che si liquidano in complessivi 2697 per competenze professionali, oltre rimborso spese forfaittario”.

L’istituto non aveva accolto la domanda del ricorrente poiché la cooperativa datrice di lavoro aveva comunicato in Unilav le dimissioni del lavoratore come “pure e semplici” e non per giusta causa, come sostenuto da parte ricorrente. Si legge in sentenza: “L’ufficio Inps inoltre aveva ritenuto che non ricorresse l’ipotesi di mancato pagamento della retribuzione, da parte della società cooperativa, dato che nel caso in esame non erano stati effettuati i pagamenti stipendiali in mancanza della prestazione lavorativa per una situazione di crisi aziendale, rispetto alla quale la cooperativa si era avvalsa delle prerogative sancite dalla normativa”. Ma nel contenzioso è emerso che il giovane si sia sempre reso disponibile a rendere la propria prestazione lavorativa e come, ciò nonostante, la società, dapprima aveva ridotto l’orario contrattualmente previsto, salvo poi azzerarlo per le mensilità che vanno dal dicembre 2019 fino alla data in cui il lavoratore aveva rassegnato le proprie dimissioni, ossia al 5 maggio 2020 “ed è ancora pacifico che in tale periodo la società mai aveva corrisposto alcuna delle retribuzioni a lui spettanti”. Conclude infatti il giudice: “Ritiene conclusivamente questa giudicante che le dimissioni rassegnate dal lavoratore siano sorrette da giusta causa poiché sulla base dei fatti emersi appare doversi riconoscere il diritto ricorrente a percepire l’indennità di disoccupazione”.

Tante domande restano senza risposta perché una sentenza non può certo sopperire alle carenze dello Stato o a tutti i comportamenti degli enti ma ricercare prove e non la verità. Ma di fatto per ottenere il dovuto da enti statali l’impressione è che se non ci si rivolge ai giudici difficilmente si riesce a chiudere bonariamente un contenzioso anche quando è palese ed evidente la ragione del cittadino.