Al lavoro senza green pass, giudice di pace annulla la multa a una dipendente

6 dicembre 2022 | 13:29
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La donna è assistita dall’avvocato lucchese Emanuele Fusi. La sentenza: “Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica”

Il giudice di pace di Chiavari sta annullando diverse multe prefettizie a chi lo scorso anno si era presentato al lavoro senza green pass. Decisioni arrivate tutte prima della pronuncia della corte Costituzionale del 2 dicembre scorso ma che ad ogni modo sono destinate a riaprire il dibattito mai sopito tra no vax e il resto del mondo. Bisognerà anche attendere eventuali ricorsi ai tribunali e alla corte d’appello.

Uno di questi casi, l’ultimo in ordine cronologico, è stato seguito dall’avvocato lucchese Emanuele Fusi che ha vinto il ricorso davanti al giudice di pace di Chiavari per conto della sua assistita. La donna aveva espresso la volontà di non vaccinarsi contro il Covid 19 ed era andata ugualmente a lavorare e non potendo esibire il green pass era stata multata dalla polizia e quindi dalla prefettura che aveva poi emesso la sanzione a suo carico. Il giudice ha disposto l’annullamento della multa della prefettura di Genova e con motivazioni lapidarie.

Si legge infatti in sentenza: “Tenuto conto delle suddette riflessioni e delle problematiche di legittimità costituzionale esposte, accertato che il ricorrente ha proposto ricorso avverso una sanzione amministrativa pecuniaria, questo giudice, visto l’articolo 5 del codice civile per il quale gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica o quando siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico al buon costume, ritiene che se anche il comportamento del ricorrente abbia violato una disposizione della legge nazionale, rifiutando di essere vaccinato e quindi di possedere il green pass, tuttavia tale fatto è da ritenersi giustificato, ai sensi dell’articolo 4 legge 689/81”.

E poi ancora entrando maggiormente nel merito: “Precisamente è applicabile l’esimente dell’adempimento del dovere di non procurarsi volontariamente danni alla salute anche solo su un livello putativo, laddove tale dovere è da intendersi imposto appunto dalla norma giuridica di cui all’art. 5 del codice civile sopra richiamato, in considerazione degli affetti avversi, a volte irrimediabili e anche mortali e delle opinioni spesso contraddittorie espresse dalle autorità mediche, di cui notoriamente sia venuto a conoscenza a mezzo degli strumenti di comunicazioni mediatici. Come l’esercizio di un diritto, infatti anche l’adempimento di un dovere trova il suo fondamento nel principio di non contraddizione. È inconcepibile, infatti, che in un medesimo ordinamento una condotta sia contemporaneamente doverosa e vietata”.

Una sentenza destinata a far discutere e comunque precedente alle decisioni della Consulta sull’obbligo vaccinale. Si vedrà, ma la “battaglia” non sembra destinata a risolversi a breve.