Cuoca lavora 11 ore al giorno per tre mesi ma il titolare non paga straordinari e spettanze: condannato a risarcirla

La lavoratrice stagionale, 30 anni, di Lucca ha deciso di rivolgersi al tribunale: “Mai fatto un giorno di riposo”
Lavori stagionali, precari, a tempo determinato, spesso sottopagati e piene di insidie per i lavoratori. Il caso di una donna lucchese è emblematico perché sarà finito nei dati di chi nella stagione estiva scorsa ha trovato da lavorare ma il dato numerico non dice tutto.
La donna infatti ha dovuto far causa al suo ex datore di lavoro per ottenere le somme dovute, a testimonianza che quando si parla di lavoro la realtà è sempre molto più complessa del dibattito politico o statistico. La 30enne ha lavorato ininterrottamente, con mansioni di cuoca, dal 10 giugno 2021 al 20 settembre 2021 in uno dei più noti stabilimenti balneari della Lucchesia, con soli due giorni di ferie, il 30 e il 31 agosto per l’esattezza, come emerso dai resoconti processuali, e al termine del contratto scopre di essere stata inquadrata come “aiuto commis” in cucina, a differenza di quanto le era stato prospettato all’inizio, e di non avere avuto in busta paga nessuna retribuzione per lo straordinario effettuato né il tfr o i ratei di tredicesima e quattordicesima, eppure ha lavorato ben 11 ore di fila al giorno per oltre due mesi e mezzo.
Ma niente da fare, l’ex datore di lavoro non intende sentir ragioni. La ragazza che già in passato aveva avuto “brutte esperienze” decide di rivolgersi al tribunale di Lucca tramite i suoi legali di fiducia e nei giorni scorsi il giudice Alfonsina Manfredini ha emesso sentenza in suo favore condannando la società a pagarle circa 5mila euro di differenze retributive e spettanze e oltre 3400 euro di spese legali.
Dal procedimento è emersa infatti tutta la documentazione che confermava la versione della giovane cuoca e anche le testimonianza ascoltate sono state tutte e suo favore. Un teste, fondamentale per l’esito del processo, ha dichiarato in aula: “La ricorrente faceva la cuoca, lei era una cuoca e io semmai ero l’aiuto cuoca e il commis era un’altra persona ancora”. E ancora si legge in sentenza nella parte relativa alle testimonianze: “Né io né la ricorrente abbiamo mai avuto giorni di riposo durante il tempo che io ho lavorato lì: abbiamo lavorato cioè tutti i giorni. Conclusivamente il ricorso deve essere accolto nei limiti di quanto risultante dai conteggi depositati unitamente alla memoria conclusiva e, per l’effetto, va condannata la società al pagamento della somma di 4.881,45 euro al lordo delle ritenute di legge, oltre interessi legali sulla somma via via rivalutata secondo i coefficienti Istat dalla data di maturazione dei diritti al saldo”. La società della Versilia è rimasta contumace durante l’intero processo e non ha fornito la prova dei fatti estintivi, ossia del pagamento di tutte le somme dovute alla giovane cuoca che ha lavorato in condizioni decisamente estreme per un’intera stagione estiva. Da riflettere e anche molto attentamente.