Ammalia il passante con la sua bellezza e lo rapina: condannata

Condanna definitiva per una 50enne di Lucca
Bella e impossibile, “aggancia” la sua vittima con fare seducente per chiedere dove poteva trovare un buon ristorante in zona ma lo scopo vero non era fare conversazione o amicizia ma solo alleggerirlo del portafoglio. Un paio d’anni fa infatti aveva fermato per strada a Bologna un uomo chiedendogli alcune informazioni e grazie alla sua avvenenza era poi riuscita a prolungare la discussione ma solo per poi sfilargli il portafoglio e scappare via, 50enne lucchese condannata in via definitiva per rapina dalla suprema corte di Cassazione.
La donna che successivamente era stata rintracciata dai carabinieri e arrestata, un paio d’anni fa, tramite i suoi legali aveva chiesto ai giudici romani che il reato fosse derubricato in furto ma quell’azione compiuta strattonando la sua vittima all’improvviso nel bel mezzo di quelle che sembravano due chiacchiere per strada le è costata la condanna più alta per il reato di rapina. Lo scorso anno la corte d’Appello bolognese aveva già respinto il suo ricorso contro la condanna di primo grado e ora è arrivata la parola fine da parte degli ermellini sui fatti per i quali era finita nei guai. Per i giudici di piazza Cavour, infatti, è stato proprio quel gesto a fare la differenza da un punto di vista processuale. La Corte territoriale aveva dato conto del fatto che la ricorrente, secondo quanto accertato, aveva afferrato il braccio sinistro della vittima prescelta , dopo averlo irretito grazie alla sua avvenenza con richieste generiche di informazioni, e aveva improvvisamente strattonato l’uomo verso di lei, costringendolo a fermarsi, così da approfittare della sorpresa, e della momentanea incapacità di reazione del predetto, per frugare nelle sue tasche e sottrargli il portafoglio con dentro le banconote (circa 500 euro).
Si legge infatti in sentenza: “Su tali basi, deve ritenersi che sia configurabile il contestato delitto di rapina, in quanto risulta l’utilizzo di un pur ridotto coefficiente di forza impeditiva (per il riferimento ad energia fisica, anche minima, posta in essere dall’agente contro il soggetto passivo, idonea a produrre coazione fisica, assoluta o relativa, che ha costretto la persona offesa ad un comportamento e a movimenti non voluti, che hanno poi propiziato la sottrazione, dovendosi invece escludere che la violenza sia stata direttamente esercitata sulla cosa o che la sottrazione sia stata consentita solo da peculiare abilità, qualificabile come destrezza”. La donna è stata condannata anche al pagamento delle spese processuali.