Urologia, prevenzione fondamentale fra nuove tecnologie e troppa burocrazia

6 gennaio 2023 | 14:00
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Urologia, prevenzione fondamentale fra nuove tecnologie e troppa burocrazia

A colloquio con il dottor Luca Lunardini: “Carenza di medici anche in questo settore, la maggioranza dei nuovi professionisti è al femminile”

Trentadue anni di urologia, prima a Pisa, poi al glorioso Tabarracci e oggi al Versilia.

Laurea in medicina con lode, specializzazione in urologia, alta specializzazione in andrologia, già consulente per il ministero della salute, insomma, per Luca Lunardini, già sindaco di Viareggio, certamente una posizione con una buona prospettiva per giudicare lo stato dell’arte della urologia versiliese

“In effetti, divertendomi a far due conti, in questi 32 anni di carriera, tra genitali maschili, prostate e company “ne ho presi in mano”… 124500!… – afferma scherzosamente il medico – Un pò di esperienza ne ho fatta”.

Ma, piselli a parte, di che si occupa un urologo?

“Ma si,  facciamo un pò di chiarezza.  L’urologo si occupa di tutte le patologie delle vie urinarie, sia nell’uomo che nella donna (eh sì, si visitano anche le femminucce…). Si va dalle malattie renali (tumori, calcoli, infezioni), a quelle vescicali (tumori, cistiti, incontinenza), ai genitali maschili (neoplasie di pene e testicoli, varicoceli, fimosi ). Mentre i genitali femminilili lasciamo ai colleghi ginecologi”

E per quanto riguarda l’andrologia?

“Si occupa delle “brutte figure dei maschietti”,il deficit erettile e, importante, di contribuire a portar la cicogna nelle case: la fertilità maschile. In realtà, oggi, molti urologi, come il sottoscritto, sono uro-andrologi, sono cioè double-face, occupandosi di ambedue le specializzazioni”

Esiste anche la sessuologia

“Certamente, è  una branca al confine tra andrologia, ginecologia e psicologia che tratta delle problematiche sessuali di coppia”.

Come è cambiata la sua professione in questi anni, da quando vi trasferiste dal vecchio e glorioso Tabarracci all’ospedale Versilia?

“Molto è cambiato, più tecnologia e più burocrazia, ma l’anima di questa professione è rimasta la stessa: dar salute ai “gioielli” di famiglia, ma anche a quello a cui son… appesi. Molto è cambiato rispetto agli inizi della mia carriera, a cavallo degli oramai lontanissimi anni ottanta – novanta, quando la visita urologica era il famoso… dito infilato lì… o poco più. Oggi abbiamo la risonanza per scoprire in anticipo il famigerato cancro della prostata, la procreazione assistita per far arrivare la cicogna nella case, il robot per operare meglio i pazienti, gli ultrasuoni per bombardare (unica guerra che mi piace…) i calcoli, nuove medicine per la prostata e nuove medicine per resuscitare i membri virili stanchi…”.

Insomma l’urologo ha molte nuove e formidabili frecce nella sua già discreta faretra…

“Sicuramente sì ma...udite  udite… il celeberrimo “dito lì” resta sempre la base da cui partire”

“Certo – prosegue Lunardini – è anche aumentato il peso dello zaino della burocrazia che piega le spalle di noi medici e tanto fa dannare i pazienti. Oggi tra gli innumerevoli programmi al computer, le mille password da ricordare, le ricettazioni elettronico-dematerializzate, le prenotazioni a go-go, i lunghi iter burocratici da assolvere… un terzo o quasi del tempo di un medico viene assorbito da questi obblighi istituzionali. È, temo, esperienza comune di molti di voi, vedere una visita di 5-10 minuti seguita da un tempo almeno uguale in cui il medico sta davanti a voi a batter le dita sulla tastiera del computer e a muover il mouse, quando non inizia a “moccoleggiare” in viareggino stretto perché il computer non risponde o la stampante non funziona”.

I giovani medici di oggi vogliono fare gli urologi?

L’attuale carenza dei medici in Italia è cosa ben nota al grande pubblico. A ridurre l’appeal del camice bianco contribuiscono studi pesanti (tra laurea, tirocini, specializzazione un giovane passa dai 12 ai 13 anni a formarsi. Un tempo biblico), stipendi tutt’al più dignitosi (un neo-assunto in ospedale prende 2700 eurini al mese, certamente dignitosi ma non proporzionali a lunghezza di studi, e fatiche professionali), turni di lavoro pesanti con notti e festivi, responsabilità legali sempre più pesanti (forse non tutti sanno che un medico in ospedale deve pagarsi di tasca propria la assicurazione se vuole esserne coperto). Ma certo resta una professione affascinante e, nell’ambito delle specializzazioni, l’urologia resta abbastanza ambita.Con una nota, a mio avviso bella ed importante: sempre più donne divengono urologhe. E che urologhe. Preparate e determinate. Oramai nelle scuole di specializzazione più della metà degli urologi in formazione sono donne. Lo trovo bello e giusto. Pertanto che cessi ogni arcaico stupore quando entrando in un ambulatorio di urologia noi maschietti affideremo le nostre malate intimità ad una eccezionale professionista urologa”.