Non accetta il nuovo luogo di lavoro e non si presenta per l’incarico: legittimo il licenziamento di una 37enne

La donna aveva ritenuto la destinazione punitiva, ritorsiva e sanzionatoria. Ma avrebbe dovuto prima impugnare il provvedimento
Non accetta il nuovo luogo di lavoro e non si presenta il giorno prefissato perchè ritiene il trasferimento “punitivo”, ritorsivo e sanzionatorio: 37enne di Lucca licenziata, il giudice dà ragione alla società.
Il primo marzo del 2020 era stata assunta da una società nazionale che opera in varie regioni italiane come addetta alla sicurezza non armata e dopo un periodo di prova aveva firmato un contrato a tempo indeterminato anche se part time. La 37enne di Lucca però non riesce ad evitare il licenziamento dopo alterne vicende, perché per i giudici avrebbe commesso un errore dirimente per la controversia, cioè non avrebbe preso servizio nel nuovo luogo di lavoro che le era stato assegnato.
I fatti iniziano appunto nel 2020 quando la donna inizia a lavorare in una catena di prodotti tecnologici, tra Lucca e Pisa, ma qualcosa va storto nel secondo anno di lavoro. Agli atti del processo terminato nei giorni scorsi e che ha dato ragione alla società e torto alla donna, sulla legittimità del licenziamento, risulta che con una lettera di richiamo del 17 agosto 2021 la società di sicurezza e investigazioni contesta alla lavoratrice varie condotte da lei tenute durante l’orario di lavoro, “in violazione dei doveri contrattualmente assunti anche nei confronti della committente”, per cui l’azienda le aveva comunicato che la direzione del punto vendita di Lucca aveva chiesto formalmente il suo non impiego presso i suoi negozi.
La missiva nella quale la nota catena di negozi dichiara “non più gradita” la presenza della donna all’interno dei punti vendita è correlata da alcune motivazioni che vengono recepite dalla ditta di sicurezza. La donna chiede un incontro e i vertici aziendali che nel frattempo la mandano in ferie dicendole che in attesa di riorganizzare la nuova posizione lavorativa “sarà nostra cura comunicarle per tempo i prossimi orari”, come si legge agli atti del processo, e successivamente viene posta in cassa integrazione. La società di sicurezza in Toscana cura esclusivamente gli interessi della catena di negozi di elettronica e a quel punto non trovando altre soluzioni decide di licenziarla. Poi questo primo licenziamento viene ritirato (siamo già a marzo del 2022 intanto) ribadendo però che la società, unica committente in Toscana, ha ratificato la decisione che la donna non venga più impegnata presso i loro punti vendita specificando infine che, in ragione di ciò, a partire dal 14 aprile del 2022 la prestazione lavorativa avrebbe dovuto essere resa a Piacenza presso i locali di un’altra società che aveva stipulato un contratto di sicurezza non armata all’interno dei suoi punti vendita.
E qui secondo i giudici di Lucca la donna avrebbe commesso l’errore fatale e dirimente per la controversia giudiziaria. La 37enne lucchese infatti non si presenta sul nuovo luogo di lavoro che le era stato indicato, rilevando la natura sanzionatoria e ritorsiva del trasferimento e chiedendo di riprendere il servizio nuovamente presso la sede di Lucca.
Scrive il giudice Alfonsina Manfredini del tribunale di Lucca nella sentenza che dato ragione alla società e torto alla donna: “Si osserva ora che il trasferimento del lavoratore subordinato è la tipica manifestazione dei poteri organizzativo e direttivo attraverso cui il datore di lavoro dispone il mutamento (tendenzialmente definitivo) del luogo di lavoro nell’ambito della stessa azienda. Ciò posto, la corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire che la mancata presa di servizio da parte della dipendente nella sede di trasferimento in assenza di impugnativa del trasferimento risulta assorbente rispetto a ogni ulteriore interpretazione del comportamento tenuto dalle parti del rapporto”.
La donna avrebbe dovuto prendere servizio a Piacenza, secondo la sentenza, per poi in un secondo momento impugnare il trasferimento. “Grave e contrario a buona fede è invece certamente l’inadempimento della ricorrente che non si è presentata sul luogo di lavoro assegnatole con il provvedimento di trasferimento, pretendendo di riprendere il servizio presso il luogo di lavoro di Lucca, asserendo l’inesistenza di ragioni tecniche, produttive e organizzative espresse dall’impresa, senza peraltro attivarsi per una verifica giudiziale dell’illegittimità del trasferimento con gli strumenti previsti, dalla legge e dal contratto, a garanzia del lavoratore in caso di trasferimento illegittimo”. Il ricorso della donna è stato quindi rigettato ma almeno le spese sono state compensate.