Disoccupati e divorziati ma l’Inps non paga l’assegno sociale: “Hanno rinunciato agli aiuti economici degli ex coniugi”. Ma il tribunale condanna l’istituto a erogare il sostegno

Due distinti casi finiscono sul tavolo del giudice del tribunale: “Non rispettata la normativa vigente”
Due storie diverse ma con un denominatore comune: lo stato di bisogno. Eppure l’Inps di Lucca si rifiuta di erogare l’assegno sociale e costringe i due a rivolgersi al tribunale che in entrambi i casi ha condannato l’istituto.
Si tratta di un uomo e una donna, che in due distinti contenziosi, hanno chiamato in causa l’Inps provinciale lucchese che si era rifiutata di erogare la prestazione in sede di richiesta formale. In entrambi i casi i due cittadini lucchesi che hanno un’età superiore ai 67 anni, risultano divorziati e disoccupati e inoltre tutti e due hanno ex coniugi che invece godono di pensione come ex lavoratori pubblici.
Ma in sede di divorzio avevano chiuso bonariamente la vicenda senza chiedere nulla agli ex partner. Nel caso della donna l’Inps non aveva accolto la richiesta dell’assegno sociale (circa 500 euro al mese) perché ritenendola proprietaria di 3 immobili, a suo dire, non aveva diritto alla prestazione economica, perché avrebbe potuto mettere a reddito tali immobili. Ma nel giudizio è venuto fuori che il primo immobile è la casa di abitazione, il secondo è in realtà una mansarda dove abita la figlia a titolo gratuito con i suoi di figli minori e che è una lavoratrice precaria e attualmente con redditi mai superiori ai 13mila euro annui, e il terzo immobile è una specie di garage, uso studio che versa in condizioni pessime e che necessiterebbe di plurimi interventi di restaurazione. Scrive in sentenza, infatti, il giudice del tribunale di Lucca, Alfonsina Manfredini: “Vi è in primo luogo da osservare che non è contestato che la figlia della ricorrente viva nell’immobile di proprietà della madre dalla medesima concesso in comodato, che non vi è prova che la figlia della ricorrente, madre di bambini minori in tenera età conviva con altri (esempio il padre dei bambini) e andrebbe in ogni caso considerato il suo obbligo di contribuire al mantenimento dei minori quantomeno per la sua parte. Il che, stante il reddito di poco più di 13mila euro all’anno della figlia della ricorrente (fatto non contestato), rende comprensibile l’intervento della ricorrente (madre e nonna) nella concessione a titolo gratuito della mansarda. E’ fatto non contestato che la ricorrente abiti nell’altro immobile di cui è titolare, mentre per quanto concerne il terzo bene, questo non risulta concesso in godimento ad alcuno e dalle foto appare necessitare di interventi di ripristino e risistemazione, essendo pacifico che all’attualità non è fruttifero”.
Nel caso dell’uomo, invece, l’Inps nelle motivazioni del diniego dell’assegno sociale era entrato nel merito della sentenza di divorzio dove l’uomo non aveva inteso pretendere niente dalla ex moglie, nemmeno quando poi aveva perduto il posto di lavoro. Per l’Inps, si legge in sentenza: “In ogni caso la prestazione assistenziale richiesta non può essere concessa ogni qual volta ricorra un atto volontario di rinuncia all’aiuto economico dell’altro coniuge separato che dispone di un reddito continuativo quale docente scolastico a tempo indeterminato”. Di diverso avviso il giudice che ha condannato l’istituto. L’uomo abita in una casa di proprietà della ex moglie a titolo gratuito perchè era questo l’accordo tra i due all’epoca del divorzio.
Recita la sentenza: “Il diniego dell’Istituto non è in linea con la vigente normativa e il ricorso merita accoglimento. La legge prevede, al contrario di quanto affermato dall’Inps di Lucca, come unico requisito, uno stato di bisogno accertato, caso per caso, non solo per concedere ma anche per mantenere la tutela di base assistenziale per gli anziani nel nostro Paese”. In entrambi i casi il giudice ha stabilito che l’Inps dovrà erogare la prestazione economica e con arretrati e interessi dalla data della domanda che per l’uomo è del 2019 e per la donna del 2021. “Opinare il contrario equivarrebbe appunto a supporre che l’obbligo dello Stato di provvedere ai bisognosi sussiste solo in via sussidiaria, ciò che, escludendo in radice ogni possibilità di libera scelta tra le due forme di protezione, finirebbe per lasciare tali soggetti alla mercé delle vischiosità dei rapporti familiari, impedendo alla collettività di garantirne la personalità, l’autonomia e la stessa dignità, in spregio alla lettera e all’intonazione dei principi costituzionali dinanzi ricordati”. Il giudice ha infine condannato l’Inps di Lucca a circa 2mila euro di spese di lite per ciascun processo.