Messina Denaro, al vaglio le carte sulla vacanza del boss in Versilia

24 gennaio 2023 | 16:10
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Messina Denaro, al vaglio le carte sulla vacanza del boss in Versilia

Ai raggi X il soggiorno dai fratelli Graviano nell’estate del 1993

Matteo Messina Denaro, i giudici antimafia siciliani stanno proseguendo le ricerche e le indagini per comprendere la rete di fiancheggiatori dell’ex boss latitante. Al vaglio degli inquirenti tutte le piste che sono emerse durante i 29 anni e 5 mesi di latitanza, e sono in fase di acquisizione anche le investigazioni effettuate negli anni dalla Dda fiorentina sui passaggi in Toscana del padrino siciliano, tra le quali quelle riferite alla presenza di Messina Denaro nel Pisano e in Lucchesia.

Nel 2018 dopo un dossier del settimanale L’Espresso nel quale un pentito di ‘ndrangheta aveva riferito di alcuni viaggi nel Pisano, in una clinica privata, dell’ex boss durante il periodo in cui era uccel di bosco per effettuare la dialisi a causa dell’insufficienza renale di cui soffre, erano state avviate indagini dai giudici antimafia fiorentini per capire se chi lo aveva curato fosse a conoscenza della sua reale identità. Stesso dilemma da risolvere in Sicilia.

Poi i giudici siciliani stanno riprendendo in mano anche i documenti della Dda di Firenze sulla vacanza in Versilia, ospite dei fratelli Graviano, nell’estate del 1993 al termine della quale Matteo Messina Denaro ha deciso di darsi alla latitanza perché era venuto a conoscenza, evidentemente, dei mandati di arresto che da lì a poco sarebbero stati emessi nei suoi confronti.

Le domande dei giudici, in tutte le piste battute, di base sono sempre le stesse: chi lo ha aiutato? E Perché? Ovvio che non in tutti i casi chi lo ha incrociato durante la sua lunga latitanza sapesse realmente chi fosse ma chiaramente il padrino è stato aiutato o protetto per paura o come temono i giudici per soldi, favori e regalie, e peggio ancora per appartenenza allo stesso “sistema” mafioso, seppure a vario livello e titolo, e anche da insospettabili e forse politici e amministratori o uomini dello Stato. Una latitanza così lunga e sempre e comunque sul suolo italiano, con diversi spostamenti per poi tornare a casa sua indisturbato per decenni, non ha altre spiegazioni. Le indagini proseguono quindi e in tutte le direzioni, anche quella che porta in Toscana tra la Versilia e il Pisano dove secondo il pentito calabrese avrebbe goduto anche dell’appoggio de clan di ‘ndrangheta, presenti in regione da anni ormai e moto più consolidati di “cosa nostra” magari usufruendo proprio del focus sempre puntato sulla mafia siciliana che potrebbe aver distolto un po’ l’attenzione dagli affari della criminalità calabrese in Toscana, ma questa è un’altra storia. La caccia ai fiancheggiatori continua.