Banda dei furti e delle rapine, confiscata la villa con piscina a un 45enne

La decisione della Cassazione: due anni fa era stato condannato a 6 anni e 10 mesi
Due anni fa era stato condannato in abbreviato dai giudici a 6 anni e 10 mesi di reclusione per associazione a delinquere finalizzata a truffe e rapine, perché ritenuto il capo di una “batteria” criminale specializzata in questo tipo di reati. Al 45enne di Lucca ora la suprema corte di Cassazione dopo le condanne dei giudici liguri hanno definitivamente confiscato una villa con piscina e un’auto ritenute frutto di attività criminali e al di sopra delle sue reali possibilità “legali”.
Proprio un tuffo nella piscina della sua villa quando alcuni anni fa in attesa degli esiti processuali era ai domiciliari con braccialetto elettronico, gli era costato il ritorno in carcere. L’uomo con diversi precedenti di giustizia, attualmente con obbligo di soggiorno e sorveglianza speciale per aver scontato già parte della sua condanna definitiva, dopo il cumulo del Tribunale di sorveglianza delle varie pene, aveva presentato ricorso contro il sequestro della sua villa in Liguria e dell’auto che ora sono state confiscate in via definitiva proprio a seguito della sentenza degli ermellini.
Si legge infatti in sentenza: “rilevato che una costruzione di questo tipo, (villa con piscina e giardino) quale sia stato il costo effettivo, non può essere stata edificata a spese di un nucleo familiare di quattro persone (l’imputato viveva con la moglie e i due figli minori) che dal 2012 al 2019 ha dichiarato un reddito di circa 26.000 euro. Gli elementi sopra descritti – la reiterazione sistematica delle condotte criminose per anni, la idoneità dei reati commessi a generare profitti illeciti e la sproporzione del valore dei beni rispetto ai redditi dichiarati – sono stati, pertanto, correttamente richiamati per motivare la sussistenza dei presupposti soggettivi di applicazione della misura di prevenzione personale e patrimoniale”. L’uomo è stato condannato anche a 3mila euro di spese per l’inammissibilità del ricorso in Cassazione.