In fuga dalla guerra in Ucraina tornano a Lucca dove hanno le origini: “Negati gli aiuti alla famiglia che ha doppia cittadinanza”

Il Tar accoglie solo in parte il ricorso, ora il caso va al Consiglio di Stato
Due pesi e due misure: è l’incredibile caso di una famiglia italiana, che però risiedeva da tempo in Ucraina, con doppia cittadinanza e che in fuga dalla guerra non riesce ad ottenere, al momento, gli stessi benefici che stanno invece ricevendo gli altri sfollati. Un vulnus da colmare.
La burocrazia italiana a volte crea situazioni davvero particolari, anche quella di tipo giuridico. E’ il caso di un nucleo familiare con doppia cittadinanza che però da molti anni viveva in Ucraina e aveva quindi preso residenza nei dintorni di Kiev, per motivi di lavoro oltre che personali. Il capofamiglia è di Lucca e all’indomani dello scoppio del conflitto con la Russia e dell’invasione, seguendo i consigli di tutti gli organismi ed enti internazionali, e soprattutto le indicazioni della Farnesina, decide di lasciare l’Ucraina per tornare in Italia ed in particolare a Lucca, la sua città di origine.
A quel punto proprio perché mancava dall’Italia e da Lucca da molto tempo, come tutti gli altri sfollati chiede alla questura cittadina di poter accedere a tutte le agevolazioni previste dal Dpcm del 28 marzo scorso: Misure di protezione temporanea per le persone provenienti dall’Ucraina in conseguenza degli eventi bellici in corso.
E qui inizia il suo personale calvario in un periodo già molto particolare della sua vita, sua e della sua famiglia, e si arriva, al momento, a situazioni decisamente paradossali e che la famiglia si augura di poter risolvere. Perché alla sua istanza del giugno del 2022 la questura di Lucca non risponde. A quel punto l’uomo si rivolge ad un avvocato per chiedere al Tar di Firenze di intervenire in merito. Altre persone scappate dall’Ucraina hanno ovviamente ricevuto tutti gli aiuti previsti dal Dpcm, ma lui ancora no. Una situazione paradossale e che probabilmente riguarda anche altri italiani degli oltre 2mila che erano residenti in Ucraina al momento dell’inizio del conflitto con la Russia.
Ieri (30 gennaio) il Tar di Firenze ha infatti pubblicato la sentenza sulle richieste dell’uomo che chiedeva per sé e per la sua famiglia (due figli minori) fondamentalmente le misure di tipo assistenziale previste dal Dpcm, atteso che ovviamente non era in discussione il fatto di potersi muovere liberamente sul territorio italiani, a differenza dei cittadini stranieri che devono chiedere e ottenere il permesso di soggiorno, proprio perché lui e i suoi familiari hanno la doppia cittadinanza sia Ucraina sia Italiana. E la questura non risponde alla sua istanza perché, si legge in sentenza, “non è prevista una istanza per il rilascio di un permesso di soggiorno da parte di cittadino italiano”.
Anche per i giudici del Tar “il rilascio di un permesso di soggiorno a cittadini italiani appare una contraddizione in termini, posto che il cittadino italiano non ha bisogno di ulteriori titoli per soggiornare nel territorio nazionale”, ma la questione è molto più ampia come è facile comprendere.
La richiesta di accesso ai benefici del Dpcm del marzo 2022 da parte dell’uomo di Lucca, per sé e per i suoi familiari, era stata inoltrata perché solo accedendo a tali agevolazioni avrebbe potuto ottenere anche le misure assistenziali previste dal decreto che riguardano sanità, alloggio, aiuti economici, e altre cose e non il solo fatto relativo agli spostamenti sul territorio italiano che erano ovvi e scontati, essendo lui e i suoi familiari anche di cittadinanza italiana. Ma senza l’accesso al Dpcm questo non sarà possibile. Il Tar di Firenze ha però accolto solo in parte il suo ricorso, quello relativo al fatto che comunque la questura di Lucca deve rispondere e per iscritto alla sua richiesta di protezione temporanea, e per il resto indica nella Protezione civile l’organismo a cui rivolgersi. L’avvocatessa fiorentina, Francesca Pucci, che tutela legalmente la famiglia, ha già annunciato appello al Consiglio di Stato, proprio “per il carattere discriminatorio di fatto” nei confronti di questa famiglia con doppia cittadinanza rispetto alle altre di sola cittadinanza straniera che stanno ottenendo l’accesso a tutti i benefici del Dpcm. La parola passa ora al Consiglio di Stato ma sono ovvie le implicazioni umane, sociali, burocratiche e politiche di questa singolare vicenda. Si vedrà.