Steccone, il Consiglio di Stato: la bonifica del sito inquinato tocca a Italgas

Già il Tar di Firenze aveva dato ragione alla Provincia e torto alla società, estromettendo però il Comune di Lucca e Gesam dalla questione su chi dovesse effettuare i lavori
Area dello Steccone di San Concordio: dovrà essere Italgas ad effettuare le bonifiche del sito inquinato, così ha stabilito in via definitiva il Consiglio di Stato che con la sentenza pubblicata oggi (8 febbraio) ha chiuso la lunga querelle giudiziaria che voleva far luce su fatti avvenuti addirittura 50 anni fa ormai.
“La contaminazione dell’area è avvenuta presumibilmente durante l’attività di produzione di gas per l’illuminazione, gestita da Italgas fino al 1973, pertanto il ‘responsabile dell’inquinamento’ si può ricondurre ad Italgas”. Già il Tar di Firenze aveva dato ragione alla Provincia di Lucca e al suo provvedimento del 2014 e torto a Italgas, estromettendo però il Comune di Lucca e Gesam dalla questione su chi dovesse effettuare i lavori di bonifica del sito. Il Comune di Lucca infatti dopo il giudizio di primo grado del 2016 non era stato chiamato a rispondere per l’inquinamento dell’area ex Italgas nella zona dello Steccone a San Concordio, così come Gesam. Questo aveva stabilito il Tar toscano, adito con due ricorsi (poi riuniti) presentati rispettivamente da Palazzo Orsetti (contro Provincia, Italgas e Regione Toscana) e dalla Italgas (contro Comune, Provincia, Gesam e Polis).
Il tribunale amministrativo regionale aveva annullato dunque, limitatamente al Comune di Lucca, la determina dirigenziale 5560 del 28 novembre 2014 della Provincia, con cui la stessa ordinava alla società Italgas Spa e al Comune di Lucca di provvedere alla bonifica dei luoghi. Determina che, al contrario, resta valida nei confronti di Italgas, adesso obbligato alla bonifica in quanto riconosciuto unico responsabile dell’inquinamento dell’area, ora anche dal Consiglio di Stato che ha confermato le decisioni del Tar respingendo l’appello di Italgas che è stata condannata anche a 12mila euro di spese processuali. La struttura era in origine di Italgas, quindi Eni, poi Gesam, in cui veniva prodotto il cosiddetto “gas di città”. Area anch’essa, secondo i risultati delle analisi di Arpat e le successive verifiche effettuate dalla polizia provinciale risultata inquinata, contaminata e quindi da bonificare. Bonifica che, secondo i tecnici della Provincia, spettava al Comune, e non solo.
L’ordinanza era comunque diretta anche a Eni-Italgas, ora solo Italgas e Gesam spa. Contro il provvedimento provinciale, comunque, il Comune di Lucca aveva proposto ricorso al Tar e stessa cosa aveva fatto Italgas. Il ricorso del Comune era stato dunque accolto e il provvedimento provinciale annullato ma solo nella parte in cui imponeva anche al Comune di Lucca gli adempimenti per la bonifica. Ben diversa la posizione di Italgas, chiamata sotto la scure del principio unanimemente accolto a livello di diritto europeo secondo il quale “chi inquina paga”, ora confermato anche dai giudici di Palazzo Spada.
Si legge nella sentenza del Consiglio di Stato che per Arpat, che aveva dato il via all’intera vicenda con una nota del 2013, confermata successivamente “nell’area emerge una situazione ambientale critica, i valori massimi di contaminazione sono stati rilevati all’interno dei piezometri posti dentro e intorno la cattedrale, le concentrazioni più elevate sono da attribuire ad idrocarburi tot. e-btex, secondariamente a metalli e ipa (nonché a tetracloroetilene, ma presente in modo diffuso nella zona”. E tutto ciò sarebbe stato attribuibile all’attività di distillazione di carbone posta in essere da Italgas fino agli anni ’70 del secolo scorso”. C’è da sottolineare che visti i cambiamenti degli assetti societari Italgas avrebbe in ogni caso “perso” la causa, o direttamente come è successo, o indirettamente tramite Gesam reti spa di cui ha quote societarie tramite Toscana energia. Ad ogni modo ora dovranno cominciare i lavori di bonifica perché nel giudizio amministrativo se non si ottempera alle sentenza poi può essere disposto dal Tar l’incarico ad un commissario ad acta che mette praticamente in atto le disposizioni dei giudici in modo diretto e autonomo rispetto alla società condannata. Se ne saprà di più nei prossimi giorni.