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Freddata a colpi di pistola per strada dall’ex, dopo oltre 10 anni arriva l’indennizzo per il figlio

15 marzo 2023 | 14:10
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Freddata a colpi di pistola per strada dall’ex, dopo oltre 10 anni arriva l’indennizzo per il figlio

Il brutale femminicidio era avvenuto a Bagni di Lucca nel 2010. I familiari avevano fatto causa allo Stato per il mancato risarcimento da parte del killer nullatenente. Solo ora è arrivata la sentenza

Un brutale femminicidio avvenuto a Bagni di Lucca aveva scosso un’intera comunità, e non solo, ora dopo le sentenze penali definitive che avevano condannato l’assassino è arrivata anche la sentenze del Tribunale di Roma per l’indennizzo dei familiari da parte dello Stato. Al figlio della vittima ora maggiorenne andranno 60mila euro.

L’Italia si è adeguata tardivamente alle direttive europeo per gli indennizzi delle vittime e dei familiari di reati violenti, nel 2016, e via via si sono succedute poi anche varie modifiche alla legge che li regola, ecco perché in questo caso la sentenza è arrivata dopo alcuni anni. Una mattina di dicembre del 2010 a Bagni di Lucca era stata uccisa a colpi di pistola Cala Perez Kalyannis, 27 anni di origini cubane, che si era separata dal marito lucchese e con il quale aveva avuto un figlio e aveva deciso di interrompere la sua frequentazione con la persona che sarebbe poi divenuta il suo assassino.  Leonard Grifsha, che all’epoca dei fatti aveva 24 anni, non aveva accettato quella decisione e il 7 dicembre del 2010 aveva atteso la sua vittima per strada e in pieno giorno le aveva scaricato addosso il caricatore di una pistola calibro 7,65 per punirla di averlo lasciato.

Due di quei colpi avevano centrato la donna in pieno petto e per lei non c’era stato nulla da fare. L’uomo era stato arrestato dai carabinieri 3 giorni dopo l’efferato assassinio nei boschi della Garfagnana dove si era rifugiato. Il gup del Tribunale di Lucca, in sede di abbreviato, aveva condannato l’uomo per omicidio oltre che al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite (nella misura di  300mila euro ciascuno per la madre, per il figlio e  40mila euro per l’ex marito, nonché al pagamento delle spese di difesa delle parti civili. Inoltre la corte di Assise di Appello di Firenze, nel 2012, in parziale riforma della sentenza emessa di Lucca, riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti all’aggravante della premeditazione, aveva rideterminato la pena in 16 anni di reclusione, confermandola nel resto, e condannando l’imputato al pagamento delle spese di difesa delle parti civili. Pena divenuta definitiva nello stesso anno, il 2012. Successivamente era stato esposto dalle parti civili e familiari della vittima che il presunto assassino era nullatenente (come dichiarato anche in sede di interrogatorio) e non svolgeva attività lavorativa, dato lo stato di detenzione e dato che poco prima dell’omicidio, come risulta dalla sentenza, si era anche licenziato dal lavoro, con conseguente impossibilità di “porre fruttuosamente in esecuzione la sentenza di condanna al risarcimento del danno”. In questi casi si può chiedere un indennizzo allo Stato italiano che non è equivalente al risarcimento del danno come stabilito in sentenza.

La madre e il figlio della vittima avevano quindi chiesto accesso all’indennizzo proponendo causa contro la presidenza del consiglio dei ministri e ieri (14 marzo) il giudice del Tribunale di Roma, competente per giurisdizione, ha emesso la sentenza. Scrive il giudice: “Accerta e dichiara il tardivo adeguamento dello Stato italiano nel recepimento del diritto europeo di cui alla parte in motivazione della presente sentenza. Accerta e dichiara il difetto di legittimazione attiva e la carenza d’interesse ad agire in proprio della madre della vittimae, pertanto, rigetta la domanda di risarcimento proposta in proprio dalla stessa. Dichiara congruo l’indennizzo erogato nel corso del presente giudizio dallo Stato italiano in favore di del figlio della vittima (60mila euro). Condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri, convenuta, in persona del legale rappresentante protempore, al pagamento in favore di del figlio della vittima delle spese del giudizio limitatamente a quanto sopra indicato in motivazione liquidate in  3.950 euro”.

Nessun risarcimento alla madre della vittima, dunque, ma solo al figlio, divenuto nel frattempo maggiorenne, perché la normativa italiana entrata in vigore nel 2016  modificata poi nel 2019 lo prevede solo in favore del coniuge superstite e dei figli. L’indennizzo per reati violenti, in quanto beneficio legale volto a garantire un contributo per le vittime appunto di reati contro la persona che non riescono ad ottenere il risarcimento, non è equipollente al risarcimento integrale del danno subito dalla vittima di reati contro la persona, rimanendo pur sempre pienamente responsabile per l’intero ammontare del danno l’effettivo autore del reato. Tutte le vicende processuali legate a questo brutale ennesimo femminicidio italiano si sono dunque concluse.