Chiede indietro alla sua ex convivente oltre 40mila euro: sconfitto anche in appello

22 marzo 2023 | 17:22
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Chiede indietro alla sua ex convivente oltre 40mila euro: sconfitto anche in appello

L’uomo è stato condannato anche al pagamento di 7mila euro di spese legali

Chiede indietro alla sua ex convivente oltre 40mila euro e la trascina fino alla corte d’Appello di Firenze che però gli dà nuovamente torto e lo condanna a 7mila euro di spese legali.

Una lunga lista di varie spese che secondo lui erano un prestito di fatto. Ma non per i giudici. L’uomo già nel 2015 aveva chiamato in giudizio davanti al tribunale di Lucca la sua ex convivente more uxorio, per ottenere la condanna alla restituzione della complessiva somma di  41352,81 euro a suo dire corrisposta a titolo di mutuo durante il rapporto di convivenza o, in subordine, per sentirla condannare a titolo di indebito arricchimento, e in ogni caso chiedeva tale cifra oltre rivalutazione monetaria e interessi legali.

La donna si era costituita in giudizio contestando la fondatezza delle domande avverse, nonché eccependo la compensazione del credito preteso dall’attore con il controcredito relativo al mancato versamento dell’assegno di mantenimento in favore della figlia minorenne.

Il giudice di Lucca, dopo aver acquisito documenti e sentito testimoni, con sentenza emessa il 26 settembre 2018, ha rigettato per carenza di prove la domanda restitutoria, rilevando che dai documenti versati in atti nonché dai testi escussi, non emergeva l’esistenza di un rapporto di mutuo tra le parti, potendosi ragionevolmente supporre, in difetto di prova contraria, che le somme verste dall’uomo durante la convivenza costituissero il suo normale contributo alle esigenze del nucleo familiare, comprensivo della figlia.

Ma l’uomo non di rassegna e nel 2019 fa appello alla sentenza di Lucca. Ma anche i giudici di secondo grado concordano con i colleghi lucchesi. Si legge infatti in sentenza pubblicata ieri (21 marzo) a firma dei giudici Monti, Condemi e Loprete: “In definitiva, parecchi dei pretesi versamenti non sono stati dimostrati, ma soprattutto non è stato dimostrato alcun obbligo di restituzione delle somme pretese. Al fine di dimostrare l’esistenza di un rapporto di mutuo tra le parti non risultano utili le prove orali sulla cui ammissione l’odierno appellante insiste in questa sede. Le istanze istruttorie in questione vanno insomma rigettate, perché irrilevanti ed incapaci di smuovere le conclusioni raggiunte: non risultando la stipulazione di accordi distributivi o perequativi, va esclusa la ripetibilità delle contribuzioni eseguite concordemente in ottica familiare, confermandosi integralmente la decisione impugnata”.

All’uomo resta solo il giudizio di legittimità presso la suprema corte di Cassazione ma con eventuali spese legali di gran lunga superiore nel caso di ulteriore sconfitta. Si vedrà.