Cugini morti nel naufragio della motonave: nessun responsabile civile






Il tribunale nega il risarcimento ai familiari delle vittime della tragedia del 2015 a Viareggio
Nessuna responsabilità civile dei proprietari della motonave da pesca Giumar per la tragedia dell’ottobre del 2015 in cui persero la vita i cugini Nello e Fabrizio Simonetti. Già il procedimento penale era stata archiviato dal Tribunale di Lucca e ora è arrivata la sentenza civile a chiudere il cerchio giudiziario su questa tremenda tragedia consumata in mare.
E’ stato il maltempo a causare la morte dei due cugini salpati da Viareggio quel tragico giorno di ottobre, i giudici non hanno ravvisato nessun tipo di responsabilità degli armatori e datori di lavoro dei due pescatori viareggini: risulta tutto in regola stando ai resoconti processuali.
La sentenza di ieri (8 maggio) a firma del giudice Antonella De Luca ha rigettato il ricorso dei familiari di Fabrizio Simonetti il cui corpo non è stato mai ritrovato a differenza del corpo del cugino Nello che giorni dopo era stato recuperato a largo di Portofino. I familiari a causa del rigetto sono stati anche condannati a circa 10mila euro di spese di lite e di giudizio. Le parti ricorrenti avevano chiesto al Tribunale di Lucca di accertare la responsabilità del datore di lavoro a sensi per ipotesi di “omesso dovere di sicurezza e vigilanza, per non aver adottato tutte le cautele necessarie ad evitare il verificarsi dell’evento dannoso da cui era seguito il decesso del congiunto Fabrizio Simonetti”. In particolare lamentavano che il datore di lavoro aveva adibito Fabrizio, assunto come marinaio, al comando dell’imbarcazione Giumar senza la formazione specifica; chiedendo la condanna al risarcimento del danno non patrimoniale subito iure proprio in conseguenza del decesso. Ma peri giudici “il ricorso è infondato”.
I fatti e la tragedia
Il 28 ottobre del 2015 la nave motopesca Giumar con equipaggio formato da i due cugini SImonetti non rientrava in porto; all’esito delle ricerche svolte si accertava che l’imbarcazione era naufragata. Era stato rinvenuto il corpo di Nello mentre per Fabrizio non ritrovando la salma “si redigeva processo verbale di sparizione in mare”. Il procedimento penale avviato all’esito dell’evento si concludeva con provvedimento di archiviazione del gip non essendo emersi elementi a carico del datore di lavoro integranti profili di colpa aventi rilevanza causale rispetto all’evento.
Si legge in sentenza: “Ebbene con il ricorso oggetto del presente giudizio parti ricorrenti lamentano quali unici profili di colpa a carico dei resistenti l’aver adibito il Simonetti Fabrizio quale comandante dell’imbarcazione senza aver provveduto alla sua formazione essendo formalmente iscritto come marinaio. È emerso, avendo riguardo alle circostanze dedotte dalle resistente non contestate e comunque alla documentazione prodotta, che l’imbarcazione fosse perfettamente manotenuta e funzionante, avesse a bordo ogni dotazione e strumentazione del caso e di legge, il naufragio non era da ricondurre ad infiltrazioni o carenze di sorta. Ne consegue che l’unico profilo da analizzare attiene alla lamentata adibizione del Simonetti Fabrizio all’incarico di comandante dell’imbarcazione, se tale circostanza possa considerarsi causale rispetto all’evento e se l’eventuale condotta omessa, ossia l’omessa comunicazione della variazione dell’equipaggio alla Capitaneria avrebbe impedito l’evento lesivo verificatosi”. Per i giudici tale ipotesi è priva di fondamento quindi non ci sarà nessun risarcimento da parte dei datori di lavoro. Conclude infatti la sentenza: “Ebbene nel caso di specie il Simonetti Fabrizio era arruolato come marinaio, tuttavia è emerso che lo stesso era in possesso dei titoli professionali per condurre l’imbarcazione Giumar e poteva condurre la suddetta barca avendo omesso il datore di lavoro esclusivamente di comunicare alla Capitaneria di Porto la variazione del ruolo di equipaggio. Ne consegue che non è emersa alcuna condotta colposa causalmente rilevante rispetto all’evento lesivo verificatosi, pertanto il ricorso va rigettato”. Queste le decisioni di primo grado. I familiari erano difesi dall’avvocato Fabrizio Miracolo mentre la cooperativa e i sui vertici dall’avvocato Aiman Nakkache.