Operazione mal riuscita per una protesi all’anca, anziana risarcita dopo 10 anni

Secondo l’accusa la donna è dovuta ricorrere ad altri interventi chirurgici per un difetto di posizionamento del dispositivo medico
A 70 anni si ricovera al San Luca per problemi all’anca e viene operata dai chirurghi del reparto di traumatologia e ortopedia per l’impianto di una protesi e inizia già nel nosocomio la riabilitazione ma l’intervento non era andato a buon fine e ora dopo 10 anni il Tribunale ha condannato l’Asl Toscana nord ovest al risarcimento del danno.
L’anziana donna, oggi 80enne, era stata operata il 31 maggio del 2013 perché si era reso necessario un intervento di artroplastica per via posteriore con sostituzione totale dell’anca destra con protesi coxofemorale. Subito dopo l’intervento cominciano le radiografia di rito per verificare che sia tutto a posto e l’amara sorpresa non tarda ad arrivare. La donna infatti sospende la riabilitazione e il 10 giugno viene operata nuovamente a pochi giorni dal primo intervento.
Nel processo è venuto fuori un difetto di posizionamento della protesi mentre l’Asl si era difesa dando la colpa alla protesi stessa che viene prodotta da una società fornitrice. Ma il Tribunale di Lucca con la sentenza pubblicata il nove giugno scorso ha dato ragione alla donna e torto all’Asl anche se solo parzialmente. La donna infatti aveva chiesto anche i danni per le successive problematiche che l’avevano portata poi nel 2016 e nel 2018 ad ulteriori interventi all’anca malata, in altri ospedali regionali, ma per il giudice Alessia De Durante la responsabilità medica (legge Gelli-Bianco) si limita al secondo intervento chirurgico riparatore di un errore commesso dall’equipe medica durante il primo intervento.
Si legge infatti in sentenza: “Dichiara la responsabilità della Azienda Usl Toscana nord ovest esclusivamente in relazione alla condotta negligente dei sanitari all’atto dell’intervento del 31 maggio 2013 da cui è scaturita la necessità di un secondo intervento chirurgico correttivo”. L’azienda è stata condannata anche a circa 9mila euro di spese di lite. La donna era difesa dall’avvocatessa Barbara Rozzoli. Secondo il tribunale cittadino, dunque, la negligenza dei sanitari nell’esecuzione dell’intervento di impianto della protesi del 31 maggio 2013 avrebbe determinato il protrarsi del ricovero della paziente sino al 18 giugno 2013. Sebbene l’intervento correttivo del 10 giugno 2013 sia andato a buon fine e la protesi sia stata correttamente posizionata, deve ritenersi provato in quanto non contestato il nesso di causalità tra la negligente condotta del chirurgo e l’impingement cotile-stelo da cui sono scaturiti: dolore acuto, zoppia, difficoltà/impossibilità di deambulare, scroscio nella movimentazione dell’anca, interruzione della riabilitazione e necessità di ulteriore intervento chirurgico per la correzione del posizionamento della protesi. “Va, pertanto, dichiarata la responsabilità medica della Ausl esclusivamente quanto alla condotta da cui è scaturita la necessità del secondo intervento di natura correttiva”. Queste le decisioni di primo grado del giudice lucchese.