Traffico internazionale di auto di lusso, confermata maxi condanna a 6 anni per riciclaggio

19 giugno 2023 | 13:24
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Traffico internazionale di auto di lusso, confermata maxi condanna a 6 anni per riciclaggio

Il giro tra Lucca e la Germania era stato smascherato dalla procura

Anche l’ultimo tassello giudiziario dell’operazione Gallardo (dal nome di una Lamborghini) delle forze dell’ordine di Lucca coordinate dal pm Aldo Ingangi della procura, è terminato completando l’intero quadro processuale del procedimento che aveva portato a 4 condanne.

Ora la suprema corte di Cassazione dopo aver annullato con rinvio la precedente condanna disposta dalla corte d’Appello di Firenze ha dichiarato inammissibile e quindi confermato la pena a 6 anni di reclusione e 3mila euro di multa per Alessandro Discetti, di origini napoletane e cognato di Vincenzo Saetta come emerge dal resoconto processuale ritenuto il capo dell’omonimo clan che agiva in Lucchesia e in Versilia, per riciclaggio di autovetture di lusso.

I coimputati di Discetti che come lui avevano scelto il rito abbreviato sono stati condannati anche per il reato di associazione a delinquere, la cui attività consisteva, secondo l’accusa, nel procurarsi un veicolo, che, in genere, costituiva provento del reato di appropriazione indebita, in quanto acquisito da un terzo a seguito di contratto di leasing finanziario con canoni scaduti e non pagati; nel corredare tale veicolo di carta di circolazione e certificato di proprietà falsi; nel trasferire il veicolo in Germania per una nuova immatricolazione e successiva commercializzazione dello stesso in altre zone del territorio europeo.

Nell’ambito della operazione di ripulitura del bene, descritta nel corso del dibattimento, si inseriva anche la denuncia di furto, di solito successiva alla data di immatricolazione in Germania, che veniva presentata dallo stesso soggetto titolare del contratto di leasing dopo essere rientrato in possesso di una delle due chiavi consegnate all’atto di cessione del veicolo. La denuncia aveva due finalità: la prima, di assicurare all’originario possessore del bene di poter recuperare i soldi dall’assicurazione; la seconda di impedire di accertare la provenienza delittuosa dell’autoveicolo. Altri imputati della stessa operazione “Gallardo” sono stati giudicati e condannati con altri riti processuali.

Si legge in sentenza: “Il compendio probatorio a carico del ricorrente si fonda, in buona parte, su quanto riferito dal collaboratore di giustizia Martino Francesco, che dichiarava che Discetti era il cognato del pregiudicato Saetta Vincenzo e che i due erano entrati insieme nel giro delle autovetture riciclate. Ogni qualvolta vedeva Saetta vedeva anche il cognato perché erano sempre insieme”. Saetta gli aveva detto “che stavano facendo queste macchine” e che si sarebbe impegnato per cercare di guadagnare qualcosa anche lui. I giudici di merito hanno ritenuto Discetti colpevole del reato di riciclaggio perché, sempre presente alle trattative che avevano riguardato la consegna della autovettura da parte di Saetta al Martino e poi a Petrovici (condannato in via definitiva nel 2021 a 4 anni e 10 mesi), sussistendo il dovere di sospettare circa la illecita destinazione del bene, egli non si era posto il problema di astenersi dal compiere qualunque attività che potesse favorire la sospetta ripulitura del bene. Proseguono gli ermellini: “Del resto, la sua partecipazione al viaggio in Germania effettuato in occasione del riciclaggio dell’autovettura Lamborghini evidenziava il suo importante contributo, non solo nella parte relativa alla consegna dei beni di provenienza illecita, ma anche nella fase della ripulitura degli stessi. Proprio con riferimento alla ripulitura della Lamborghini, i giudici di merito evidenziano che Martino aveva spiegato che Discetti si era recato con loro in Germania nell’interesse di Vincenzo Saetta, il quale non aveva fiducia circa la riconsegna a lui dei quarantamila euro concordati per la vendita dell’autovettura. La sesta sezione penale della corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente anche al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende”. Il processo “Gallardo” è chiuso.