Assistente giudiziario rubava dalle casse del tribunale: dovrà restituire quasi 24mila euro

12 luglio 2023 | 15:54
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Assistente giudiziario rubava dalle casse del tribunale: dovrà restituire quasi 24mila euro

L’uomo, già condannato per peculato, è stato riconosciuto colpevole anche dalla magistratura contabile per danno patrimoniale diretto e danno da disservizio

Rubava soldi dalle casse di cui aveva la disponibilità per lavoro, assistente giudiziario del tribunale di Lucca dopo la condanna per peculato in sede penale è stato riconosciuto colpevole anche dalla magistratura contabile per danno patrimoniale diretto e danno da disservizio.

La Corte dei Conti ha stabilito che ora dovrà pagare la somma complessiva di 23982 euro (aumentata di rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio), di cui 18351 euro a titolo di restituzione di importi indebitamente sottratti all’amministrazione di appartenenza e 5631 euro a titolo di danno da disservizio. Il funzionario dell’ufficio notificazioni esecuzioni e protesti del tribunale di Lucca era stato anche sospeso in attesa della definizione in tutti i gradi di giudizio della sua vicenda processuale, prima delle decisioni definitive.

L’informativa di reato, alla base dei suoi problemi giudiziari penali e contabili, era partita, stando ai resoconti processuali ricostruiti anche dalla sentenza di oggi (12 luglio) della corte dei Conti, da una comunicazione del 18 novembre del 2020 della guardia di finanza che aveva poi portato all’inchiesta penale nei suoi confronti avviata dagli inquirenti lucchesi e successivamente il gip del tribunale di Lucca aveva emesso il 9 ottobre del 2020 un’ordinanza di applicazione della misura cautelare della sospensione dall’ufficio per la durata di un anno in relazione all’ipotesi di reato di sottrazione di denaro pubblico. Il 7 giugno del 2021 il gup del tribunale cittadino, infine, in sede di abbreviato, lo condannava per peculato perché, nella sua qualità di assistente giudiziario in servizio presso lo stesso tribunale, ufficio Unep, si appropriava ripetutamente di banconote e monete depositate presso l’ufficio medesimo a seguito del servizio espletato (per pagamenti contestuali alle richieste di notifiche e di esecuzioni), custodite in un armadio situato nella stanza della dirigente cui aveva l’accesso in base alle regole di organizzazione interna dell’ufficio.

Si legge nella sentenza della Corte dei Conti: “In particolare, il giudice penale accertava l’appropriazione per l’importo complessivo di euro 9011 di cui 8247 euro nel periodo dal 1 gennaio 2019 al 30 aprile 2020 (determinato in base alla relazione della dirigente dell’ufficio Unep sugli ammanchi riscontrati in tale periodo) e 764 euro nel periodo dal 13 luglio 2020 al 28 settembre 2020 in cui i prelievi risultavano attestati, anche se non sempre nel loro preciso ammontare, dalle registrazioni della telecamera installata nell’ufficio della dirigente ai fini dell’individuazione del responsabile degli ammanchi. Inoltre, il gup del tribunale di Lucca evidenziava la correttezza dell’operato del restante personale addetto all’Unep rilevata dalle riprese ed evidenziava che la condotta di appropriazione quotidiana per somme modeste (spesso solo monete) aveva la finalità di far passare inosservata la sottrazione che poteva reputarsi ascrivibile ad errori di calcolo, anche se rilevata. Considerata la restituzione parziale da parte dell’uomo delle somme illecitamente prelevate in misura di 1500 euro il gip disponeva la confisca in misura di 7511 euro”.

Nell’atto di citazione la procura regionale contabile rappresentava che in data 15 ottobre 2021 l’uomo appellava la sentenza di primo grado, con il relativo giudizio tuttora pendente. Ma i giudici contabili non solo non hanno inteso attendere gli esiti penali definitivi, scelta che possono operare per legge vista la separazione dei due tipi di giudizio, sono andati oltre per cercare di capire a quanto ammontasse l’ammanco totale del dipendente infedele.

Prosegue infatti la sentenza: “La peculiarità della fattispecie di reato che ha richiesto accertamenti particolarmente complessi da parte dell’amministrazione per riuscire a scoprire il danno e, poi, individuare il dipendente infedele cui lo stesso danno doveva imputarsi, fa ritenere sussistente la ricorrenza, oltre al danno patrimoniale diretto da ammanchi, anche del danno da disservizio. Pertanto, nell’impossibilità di provare il danno nel suo preciso ammontare, il collegio accoglie la domanda della procura regionale contabile, con condanna dell’imputato al pagamento della somma di complessiva di  23982,96 euro di cui 18351,96 a titolo di restituzione di importi indebitamente sottratti all’amministrazione di appartenenza ed 5631 a titolo di danno da disservizio. Il predetto importo deve ritenersi comprensivo della rivalutazione ed essere aumentato degli interessi legali dalla data di deposito della sentenza fino al soddisfo del credito”.

Queste le decisioni di primo grado penali e contabili.