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Cronaca
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Chiede i domiciliari a casa del fratello, ma il parente è tornato in Marocco: richiesta respinta

14 luglio 2023 | 13:04
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Chiede i domiciliari a casa del fratello, ma il parente è tornato in Marocco: richiesta respinta

La Cassazione ha confermato la decisione del tribunale di sorveglianza che aveva negato la possibilità di scontare l’ultimo anno in regime alternativo

Chiede al tribunale di sorveglianza di scontare l’anno di carcere rimasto in regime di detenzione domiciliare o in affidamento ai servizi sociali, dichiarando che il fratello era pronto ad ospitarlo in casa sua a Lucca, ma i giudici scoprono che il fratello non si trova in città e nemmeno in Italia avendo fatto ritorno in patria.

Anche la suprema corte di Cassazione ha quindi respinto le sue richieste in maniera definitiva. L’uomo di origine straniera era finito in carcere nel 2018 dopo un condanna per reati connessi alle sostanze stupefacenti e dopo il diniego del tribunale di sorveglianza si era rivolto alla Cassazione nella speranza che fosse accolta la sua istanza.

Il tribunale ha ritenuto non concedibili le misure alternative richieste perché l’uomo è risultato non dimorare all’indirizzo indicato, dove risiede il fratello, e di non svolgere l’attività lavorativa indicata nell’istanza, anche perché, secondo le informazioni raccolte dalle forze dell’ordine, il fratello avrebbe già da tempo fatto ritorno in Marocco. Il procedimento era stato in precedenza rinviato per consentire di dimostrare la sussistenza dei requisiti indicati nell’istanza, ma non era stata prodotta alcuna documentazione che attestasse una modifica della situazione, essendo irrilevante la dichiarazione del fratello di disponibilità all’accoglienza, in quanto priva di data e firma, stando ai resoconti processuali.

Si legge infatti in sentenza: “Il tribunale di sorveglianza ha quindi rigettato la richiesta di una misura alternativa alla detenzione perché ha ritenuto tale beneficio non eseguibile, per la mancanza di uno stabile domicilio in Italia e per la mancanza di un lavoro. Tale motivazione è corretta e non illegittima, in quanto la falsa indicazione di un domicilio, sicuramente non attuale nel momento di formulazione dell’istanza e di trattazione dell’udienza, e la mancanza di un’attività lavorativa, impediscono di esprimere la valutazione prognostica positiva richiesta per entrambe le misure alternative indicate”.

L’uomo è stato condannato anche a 3mila euro di ammenda. Il caso è chiuso.