Bambina di 5 anni si frattura la mascella al parco giochi: dopo 7 anni ancora niente risarcimento

3 settembre 2023 | 13:22
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Bambina di 5 anni si frattura la mascella al parco giochi: dopo 7 anni ancora niente risarcimento

La questione torna di nuovo davanti alla Corte d’Appello: la Cassazione ha rigettato la subordinazione della sospensione della pena alla liquidazione della provvisionale

Sette anni fa in un parco giochi una bambina, che all’epoca aveva solo 5 anni, era caduta dallo scivolo e si era fratturata la mascella.

L’infortunio era risultato più grave del previsto e dal San Luca era stata poi trasportata al Meyer di Firenze per un intervento chirurgico. La bimba e la sua famiglia però nonostante le condanne penali alla legale rappresentante della società che gestiva il parco giochi, ritenuta responsabile dell’accaduto, ancora non è stata risarcita. La vicenda è arrivata nei giorni scorsi sul tavolo dei giudici della suprema corte di Cassazione che hanno confermato la condanna penale a 6 mesi di reclusione della corte d’Appello di Firenze che aveva ridotto quella a 1 anno del tribunale di Lucca, per lesioni personali colpose, e rigettato 5 dei 6 motivi di ricorso ma hanno accolto, appunto, il sesto motivo rinviando gli atti nuovamente ai giudici di secondo grado.

Questo è avvenuto perché i giudici di primo e secondo grado avevano subordinato il beneficio della condizionale della pena al pagamento di una provvisionale di 50mila euro in favore della bimba e della sua famiglia. Detto in altre parole se l’imputata non paga deve in qualche modo scontare la pena rischiando una misura cautelare. Ma le motivazioni della corte d’appello su questo provvedimento non hanno convinto gli ermellini.

Tali decisioni infatti vengono prese solo quando la magistratura è certa della solvibilità del condannato e della sua capacità di far fronte al pagamento della cifra, altrimenti andrebbe in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione (Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali) e anche con l’articolo 27 (La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato), come sottolineato dalla stessa Cassazione.

Si legge infatti in sentenza: “Si deve osservare allora che, secondo un indirizzo giurisprudenziale che il Collegio ritiene di dover condividere, il giudice che intende subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena all’adempimento dell’obbligo risarcitorio è tenuto a valutare, motivando anche sommariamente sul punto, le reali condizioni economiche del condannato, onde verificare se lo stesso sia concretamente in grado di effettuare il pagamento entro il termine prefissato. Come è stato opportunamente sottolineato, infatti, la subordinazione del beneficio a una condizione inesigibile sarebbe in contrasto col principio di eguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione e con la funzione rieducativa della pena di cui all’articolo 27 della Costituzione”.

Gli altri cinque motivi di ricorso dell’imputata non stati dichiarati inammissibili. In sede civile come riporta la sentenza penale della Cassazione dei giorni scorsi il tribunale non ha accolto altre richieste di risarcimento della bimba e della sua famiglia. Quindi le uniche somme che potrebbero finire nelle loro mani come risarcimento sono quelle della provvisionale accordata nel processo penale (50mila euro), ma sul punto bisognerà attendere le decisioni definitive della corte d’appello fiorentina a cui la Cassazione ha rinviato gli atti del processo solo per il sesto motivo di ricorso, quello accolto. I giudici di secondo grado dovranno praticamente effettuare verifiche patrimoniali e motivare meglio la subordinazione del beneficio della condizionale della pena per l’imputata al pagamento dei 50mila euro. Per cui se i giudici riterranno che la donna può pagare la provvisionale, la bimba e la sua famiglia saranno risarciti (a meno che l’imputata non scelga di scontare la pena) altrimenti la lunga, delicata e complessa vicenda giudiziaria si concluderà senza nessun tipo di risarcimento reale se non su carta, al momento. Se in futuro l’imputata, e ora condannata in via definitiva per lesioni personali colpose, dovesse modificare in meglio le proprie condizioni economiche e patrimoniali sarà ovviamente chiamata a pagare i danni e risarcirli. La bimba e la famiglia sono rappresentate dall’avvocato Carlo Di Bugno. La parola passa alla corte d’Appello di Firenze.