Causali bizzarre per svuotare il conto della ‘cliente’ ricca ma ingenua: la professionista infedele deve restituire il maltolto

18 settembre 2023 | 16:14
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Causali bizzarre per svuotare il conto della ‘cliente’ ricca ma ingenua: la professionista infedele deve restituire il maltolto

La donna aveva ottenuto la gestione del patrimonio di oltre 5 milioni di euro: è stata scoperta grazie alla solerzia di un vicedirettore di filiale

“Affare Ginevra”, “Dono a Marta”, “Rimborso prestito”, sono solo alcune delle diciture scoperte dai giudici all’interno di un procedimento giudiziario che ha portato alla condanna di una donna alla restituzione di circa 900mila euro in favore di una 73enne della Versilia che le aveva affidato il suo patrimonio da oltre 5 milioni di euro in contanti.

Queste strane diciture altro non erano che causali di bonifici come accertato dalla magistratura mai autorizzati. Da questa vicenda ne sono venuti fuori, infatti, due processi tra il 2017 e il 2018, uno penale ancora in corso, e l’altro civile concluso con la sentenza di primo grado pubblicata nei giorni scorsi con le relative motivazioni. E proprio il resoconto processuale racconta fatti incredibili e rocamboleschi e decisamente inquietanti, disdicevoli e tristi se si pensa che la condannata è un avvocato e l’anziana donna una vedova della provincia di Lucca che si era fidata ciecamente della professionista. La stessa 73enne racconta ai giudici del tribunale di Novara (dove si è svolto il processo civile per la residenza della donna condannata) come circa 10 anni fa avesse conosciuto la professionista piemontese tramite amicizie comuni e di aver deciso dopo alcuni incontri, ritenendola una commercialista ed esperta del settore, l’incarico della gestione contabile e fiscale del proprio patrimonio dopo essere rimasta vedova e a seguito dei pessimi rapporti con l’unico figlio.

La 73enne aveva anche la necessità di avere un conforto per le attività quotidiane più banali, e firma una delega (poi rinnovata negli anni) ad operare sul conto corrente appena aperto in una filiale di un istituto di credito locale consegnando alla donna i codici di accesso all’home banking così che la sua nuova persona di fiducia potesse effettuare anche da remoto tutti i pagamenti per suo conto nel convincimento che avesse le competenze per operare nel settore dell’intermediazione mobiliare. Nel 2017 a sua insaputa, probabilmente via web, viene modificata la domiciliazione per le comunicazione della banca spostandola dal suo vecchio indirizzo di Pisa a quello della donna anziché al suo nuovo indirizzo in Versilia. Nel processo è emerso che la donna ha continuato indisturbata nella gestione del suo patrimonio senza mai presentare conti o richiedere pagamenti per l’attività svolta come se fosse una persona di famiglia tanto che la 73enne e vittima aveva cercato di sdebitarsi nei suoi confronti con l’acquisto di regali ed offrendole in più occasioni ospitalità.

La svolta e i due processi

Nell’estate del 2017 dopo circa 4 anni la svolta. L’anziana viene contattata dal vicedirettore della filiale per assicurarsi che fosse a conoscenza dei numerosi bonifici disposti nelle ultime settimane dalla donna in favore proprio e di terzi a lei vicini. Avvisata di tali operazioni mai autorizzate decide finalmente di revocare la delega alla donna e dopo aver disabilitato il servizio di home banking e, accortasi dell’ammanco di una ingente somma di denaro dal proprio conto corrente, si era recata dai carabinieri di Forte dei Marmi per sporgere denuncia querela. E a quel punto oltre al danno la beffa. La 73enne dopo avere invano tentato di contattare la donna, aveva ricevuto da quest’ultima e da una società a lei sconosciuta, due fatture aventi ad oggetto la richiesta di pagamento delle prestazioni asseritamente svolte in suo favore per un ammontare di  384739 euro. Inevitabile a quel punto difendersi a livello penale e civile.

Mentre il processo penale è ancora in fase di svolgimento i giudici del tribunale di Novara hanno ricostruito l’intera vicenda e agli atti del processo sono finiti tuta una serie di bonifici mai autorizzati e dai nomi strampalati per oltre 887mila euro. Il più incredibile di tutti è un bonifico disposto dalla donna dal conto corrente della 73enne per un rimborso di un fantomatico prestito di 35mila euro a una società riconducibile alla stessa donna e al marito. Scrivono i giudici sul punto specifico in sentenza: “Peraltro non è stata nemmeno spiegata la ragione per cui la 73enne, titolare di un conto corrente ampiamente capiente con milioni di euro presenti, avrebbe avuto necessità di un prestito da parte della donna e del marito e, in ogni caso, nessuna prova è stata data della sussistenza di un accordo in tal senso”. E poi ancora bonifici alla figlia, bonifici all’ex marito e al nuovo compagno e ad alcune sue società per affari mai dimostrati tra cui un misterioso “affare Ginevra”. La donna è stata condannata dal giudice Lorena Casiraghi del Tribunale di Novara, a restituire 887mila euro alla 73enne e a circa 20mila euro di spese legali. In attesa degli esiti penali della vicenda questo il giudizio civile di primo grado.