Appalti Asl ‘pilotati’ e corruzione, condannati moglie e marito

Secondo gli inquirenti la base del raggiro era in Lucchesia. Comminate multe a 7 ditte. Altri imputati hanno scelto il rito ordinario
Corruzione, frode, riciclaggio e utilizzo di fatture false per pagare meno tasse, e appalti truccati, grazie a una regia criminale con base a Lucca: ora uno dei 3 filoni processuali è giunto al termine. Nel processo Ghost tender, infatti, si registrano le prime condanne per due degli imputati che hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato.
La Dda di Firenze dopo il blitz della guardia di finanza di Lucca del 2018 aveva arrestato 5 persone (a cui successivamente si erano aggiunte altri indagati a piede libero) e sequestrato beni per milioni di euro. Una vicenda che ruota attorno ad appalti dell’Asl 3 di Napoli sud aggiudicati a ditte ‘compiacenti’ per lavori mai eseguiti. La regia, secondo l’accusa, era proprio in Lucchesia: dietro le quinte c’erano, per gli inquirenti, gli imprenditori edili Alfredo De Rosa di Casapesenna ma residente a Lucca, e due esponenti della famiglia Piccolo (Feliciano e Leonardo), uno residente a Caserta e l’altro a Montecarlo che, secondo quanto ricostruito dai giudici utilizzando società con sede in Toscana e Campania, molte delle quali “apri e chiudi” ed intestate a prestanome, attraverso turbative d’asta attuate con “accordi di cartello”, si sarebbero aggiudicati oltre 50 commesse della Asl 3 di Napoli Sud, per lavori di somma urgenza e “cottimi fiduciari”, banditi per importi al di sotto di valori soglia oltre i quali sarebbe stato necessario imbastire formale gara di appalto.
Un meccanismo gelatinoso, con connivenze anche nella pubblica amministrazione, attraverso cui appalti per lavori pubblici mai eseguiti finivano in tasca a società, gestite o comunque controllate dalla camorra. Un giro che in breve tempo avrebbe fruttato circa 6 milioni di euro e pilotato, secondo la guardia di finanza, da affiliati al clan dei Casalesi, con base a Lucca. Cinque gli arresti eseguiti nel 2018 grazie alle indagini delle fiamme gialle di Lucca a cui si sono aggiunti sequestri di beni e perquisizioni sia in Toscana che in Campania, con la collaborazione della guardia di finanza di Napoli.
Le prime condanne
L’inchiesta ha generato ben tre filoni giudiziari e per uno di essi, nelle scorse settimane, si è concluso il primo grado con la condanna, decisa dal gup distrettuale di Firenze, Sara Farini, di Feliciano Piccolo e della moglie, Giovanna Corvino, 48enne di Casapesenna, che avevano scelto di essere giudicati con rito abbreviato. L’uomo è stato condannato a 5 anni e 4 mesi di reclusione, ed è stato interdetto inoltre dai pubblici uffici e per 3 anni non potrà contrattare con la pubblica amministrazione. A Piccolo è stata contestata anche l’aggravante mafiosa dalla Dda di Firenze, ma il giudice l’ha esclusa. Pena più lieve per la moglie, assolta dal reato di associazione a delinquere, e ritenuta responsabile solo di corruzione e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, condannata a 3 anni e 4 mesi di reclusione.
Nello stesso processo il gup ha ritenuto responsabili di illeciti amministrativi 7 ditte condannandole al pagamento di 34.400 euro ciascuna, e altre 2 sempre per gli stessi illeciti a 17.200 euro a testa. Altri due imputati che erano stati arrestai nel 2018 hanno scelto di patteggiare e per altre 4 persone a piede libero fin dall’inizio è in corso al Tribunale di Lucca il processo con rito ordinario, (insieme a una quinta persona che era stata arrestata e poi scarcerata) nel secondo filone giudiziario dell’inchiesta. Un terzo filone con altre due persone sotto processo per fatti sempre collegati al filone lucchese principale dell’inchiesta è in svolgimento a Napoli. Tutti gli imputati sono ovviamente da ritenere innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna definitiva.
L’inchiesta originaria
L’indagine, effettuata in coordinamento investigativo con le Direzioni distrettuali antimafia di Napoli e di Firenze, ha consentito di individuare 6 società ‘cartiere’ con sede in Roma e nelle province di Lucca e Caserta, che, secondo l’ipotesi accusatoria, nel periodo 2009/2016, hanno emesso fatture per operazioni inesistenti, per oltre 100 milioni di euro, a favore di 643 imprese beneficiarie della frode ed effettivamente operanti nel settore edile nell’intero territorio nazionale, prevalentemente nella Regione Campania, ma anche nelle Marche, in Toscana, Emilia Romagna, Lazio ed Umbria. E’ così emerso dalle indagini, secondo la procura del Tribunale di Napoli Nord, che le società edili, dislocate in diverse province italiane, per simulare l’effettività delle operazioni commerciali, pagavano il corrispettivo, tramite bonifici bancari, alle società ‘cartiere’ riconducibili ai promotori della frode, che di contro emettevano le false fatture di vendita. Successivamente le ‘cartiere’ rimettevano le intere somme ricevute su conti correnti intestati ad altre ditte o società di comodo, le quali le trasferivano ulteriormente, mediante operazioni di giroconto e ricariche di carte postepay evolution, ai numerosi sodali addetti alle operazioni di prelievo.