Fiumi inquinati, allarme da Arpat: “La Regione riveda le norme sul monitoraggio”

Fra le sostanze che determinano lo scadimento chimico dei corsi d’acqua anche i famigerati Pfas
Chi sta inquinando il fiume Serchio e più in generale i fiumi regionali?
Non è compito di Arpat ovviamente fare ipotesi o indagini o supposizioni, ma per la parte che riguarda invece l’agenzia i dati che vengono diffusi da tempo ormai sono chiari, inquietanti e soprattutto inequivocabili. L’ultimo aggiornamento di Arpat sui fiumi come ennesima anteprima dell’annuario sui dati ambientali è lapidario. Solo il 56% dei fiumi regionali hanno uno stato chimico buono mentre il restante 44% risulta non buono. E quali sono le sostanze chimiche ritrovate in vari punti e in vari fiumi toscani, Serchio compreso, che contribuiscono allo scadimento chimico dei corsi d’acqua? Presto detto, tra quelle più pericolose al mondo.
Si legge nel comunicato di ieri (3 ottobre) di Arpat, sul sito ufficiale dell’agenzia: “Lo stato chimico dei fiumi, invece, è buono per il 56% dei fiumi oggetto di monitoraggio e non buono per il restante 44%. Le sostanze che determinano lo scadimento chimico sono: Pfas, acido perfluottansolfonico (Pfos), benzo [a] pirene, mercurio, nichel, piombo ma anche tributilstagno, cibutrina, fluorantene con concentrazioni medie superiori ai valori limiti in una sola stazione di monitoraggio”. In allegato c’è un file con centinaia di dati, rilevazioni, punto esatto del monitoraggio ecc. per cui nessuno in regione può più far finta di niente. I dati ci sono, esistono e vanno solo letti. E non per mera conoscenza o per cultura ma per capire cosa si può fare per cambiare questo trend pericolosissimo per la salute umana di tutti gli abitanti della regione Toscana che sempre a detta di Arpat è ormai costante da anni. Scrive infatti Arpat: “Confrontando, invece, l’ultimo triennio, 2019-2021, con il precedente, 2016-2018, per lo stato ecologico, emerge una situazione stazionaria, con un leggero miglioramento delle condizioni generali. Si passa, infatti, da un 40% ad un 43% di acque superficiali classificate buone anche se un terzo delle acque permangono in classe sufficiente; lo stato chimico, si conferma, invece, una situazione di stabilità, il 60% delle acque risultano nello stato buono ed il 40% nello stato non buono”.
Conclusioni
Più chiaro di così sarebbe impossibile ma Arpat va anche oltre e fa delle riflessioni finali e una richiesta rivolgendosi direttamente alla politica regionale: “In avvio del nuovo triennio di monitoraggio, l’agenzia ritiene utile sottolineare la necessità di una revisione della delibera di giunta della Regione Toscana847/13, che disciplina, a livello regionale, l’attività di monitoraggio delle acque superficiali. Negli ultimi dieci anni, infatti, le condizioni degli habitat fluviali, lacustri e di transizione si stanno progressivamente modificando e questo rende sempre più difficoltoso campionare nei punti indicati dalla delibera regionale sopra richiamata. Il cambiamento del territorio è da attribuire sia a cause naturali che ad effetti antropici, quali il cambiamento del clima e gli sconvolgimenti dell’assetto geomorfologico nella maggior parte dei torrenti e fiumi della regione”.
“Ciò comporta la necessità, per chi esegue i campionamenti – conclude Arpat – di spostarsi sul territorio per ricercare punti di accesso all’alveo che risultino in sicurezza e al contempo rappresentativi dell’habitat da studiare. A tali difficoltà, negli ultimi anni, si sta aggiungendo il problema delle frequenti secche dovute ovviamente a condizioni meteo più drastiche. In considerazione di quanto detto, è auspicabile una revisione della delibera che sostituisca e integri i punti di monitoraggio, rendendoli più idonei alle attività di campionamento chimico e biologico”.
Probabilmente solo una vasta, delicata, e complessa inchiesta delle forze dell’ordine e della magistratura potrebbe stabilire chi sta inquinando i corsi d’acqua regionali, mentre la politica dovrebbe riscrivere le regole e tutti gli altri enti contribuire a monitorare al fine di migliorare la situazione. Altrimenti ogni anno Arpat continuerà a dire che ci sono pericolose sostanze inquinanti nei fiumi toscani che quasi sicuramente non provengono dalle case e dalle famiglie dei cittadini ma da comparti industriali, con rischi di conseguenze per la salute di tutti che non sono quantificabili almeno fino a quando non si capirà chi immette nell’ambiente queste sostanze e perché. Ai posteri…