Lucca, frequentava gruppi islamici integralisti: negata la cittadinanza

Secondo i servizi di intelligence lo straniero di origini marocchine che viveva a Lucca si era radicalizzato o stava per farlo: in corso le indagini
Per i servizi segreti frequentava movimenti “potenzialmente oltranzisti” di matrice islamica ed è stato ritenuto pericoloso, anche alla luce del rischio terrorismo a livello internazionale. Il caso riguarda uno straniero che si trovava a Lucca. Ma prefettura cittadina e ministero grazie alle informazioni dei servizi segreti hanno scongiurato qualunque pericolo. E non solo. L’uomo finito sotto attenzione potrebbe aver commesso, addirittura, reati che metterebbero in imbarazzo lo Stato, ed è stata quindi negata la cittadinanza italiana a un giovane di origini marocchine residente a Lucca che secondo i servizi si era radicalizzato o stava per farlo. L’inquietante sentenza del Tar del Lazio del 4 ottobre scorso non lascia spazio a dubbi perché nelle more del giudizio per la richiesta della cittadinanza italiana sono intervenuti addirittura i servizi di intelligence ai massimi livelli. L’uomo è quindi sotto il più stretto controllo e non si sa se sia ancora in Italia o se sia stato già allontanato perché stavolta i giudici amministrativi avevano le mani legate dalla segretezza che deriva dagli ovvi motivi di sicurezza nazionale. Ma nella sentenza motivata le parole utilizzate sono inequivocabili.
Per i servizi segreti l’uomo frequentava “movimenti potenzialmente oltranzisti”
Nel caso di specie, infatti secondo quanto si legge nel provvedimento impugnato della Prefettura di Lucca e del ministero dell’Interno, dalla attività informativa esperita è emersa la contiguità del richiedente a movimenti aventi scopi non compatibili con la sicurezza della Repubblica e che tale motivo risulta ostativo alla concessione della cittadinanza.
Si legge in sentenza: “A seguito dell’istruttoria disposta dal Tar del Lazio, con cui l’amministrazione (Viminale e Prefettura di Lucca) ha reso noto, con le cautele necessarie a non disvelare notizie riservate e non pregiudicare eventuale attività di intelligence, che il contesto in cui si muove il richiedente e talune scelte effettuate (frequentazione di centri culturali islamici, adesione a movimenti potenzialmente oltranzisti) sono indicativi del rischio di attestazione su posizioni contrarie ai valori fondanti dell’ordinamento di cui intende divenire membro in maniera stabile nonché alla cultura democratica occidentale”.
Parole durissime e molto precise. Sulla base di questa informativa, proveniente da organi di sicurezza, il Ministero dell’Interno ha ritenuto preminente l’esigenza di salvaguardia della sicurezza nazionale rispetto all’interesse del richiedente all’acquisto della cittadinanza italiana. E ancora si legge in uno dei passaggi più inquietanti della decisone dei giudici amministrativi: “La delicatezza delle questioni in gioco, fra cui anche la possibilità di ripercussioni nei rapporti internazionali a causa di atti commessi da un cittadino italiano nei confronti di Paesi terzi, giustifica pienamente l’utilizzo di parametri rigorosi nell’accertamento dell’assenza di pericolosità del richiedente la cittadinanza, malgrado la predicata estraneità all’associazione attestata su posizioni oltranzistiche da parte dell’uomo. Non può dunque essere ravvisato alcun vizio nell’operato del Ministero dell’Interno, che si è determinata allo stato degli atti, basandosi sulle indagini condotte dagli organismi preposti ai servizi di sicurezza dello Stato ed ha prestato fede alla loro provenienza istituzionale, senza esternare maggiori dettagli per le descritte ragioni di opportunità”. Nel procedimento è dunque emerso il rischio di adesione ad idee estreme con conseguente pericolo per la pace e i valori democratici, che sono anche i motivi ostativi alla cittadinanza italiana per l’uomo che evidentemente frequentava ambienti che i servizi segreti tenevano d’occhio già da tempo. Nessun rischio quindi al momento perché l’uomo è verosimilmente sotto la più stretta sorveglianza. La criticità della sentenza del Tar del Lazio è dovuta solo alle esigenze primarie della sicurezza nazionale e per spiegare meglio di cosa si trattava si sarebbe dovuto entrare nel merito delle informative dei servizi segreti, evenienza che ovviamente non era possibile effettuare.
Indagini tuttora in corso ma classificate
Concludono i giudici della quinta sezione del Tar del Lazio: “Sulla scorta dei suesposti argomenti, il collegio ritiene dunque che, nella specie, il provvedimento, fondato sui suesposti motivi ostativi, risulta immune dai vizi dedotti da parte ricorrente, in quanto sorretto da un adeguato corredo motivazionale, essendo stato chiarito, a seguito degli incombenti istruttori disposti nel corso del presente giudizio, le ragioni del sospetto di pericolo per la sicurezza nazionale, fondato sull’attività di intelligence di competenza dei servizi segreti. Il ricorso deve essere conclusivamente respinto, in quanto infondato”. L’uomo si era difeso evocando l’eccesso di potere, mancando, a suo dire, nel provvedimento di rigetto della cittadinanza italiana, l’indicazione delle ragioni ostative all’accoglimento della domanda. Ma ora la sentenza del Tar del Lazio ha fornito le prime risposte anche a lui e ai suoi legali. Quanto poi all’attendibilità delle valutazioni operate dall’amministrazione, “si deve evidenziare che si tratta di notizie pervenute dagli organismi preposti ai servizi di sicurezza dello Stato, quindi, di fonte ufficiale, raccolte e vagliate da detti organismi pubblici nell’esercizio delle loro funzioni istituzionali, sulla cui attendibilità non è dato ragionevolmente dubitare”. Nelle contrapposte versioni, tra quella dell’uomo, che comunque contesta gli addebiti, e l’affermazione dei servizi di sicurezza che, “in ragione di indagini in corso, hanno ravvisato un rischio per la sicurezza della Repubblica, non vi è ragione per privilegiare la prima ricostruzione, tenuto conto dei principi di ragionevolezza e tutela avanzata che improntano i procedimenti di naturalizzazione”. Le indagini e i controlli a suo carico, come scrivono gli stessi giudici del Tar laziale, proseguono ma nel massimo riserbo trattandosi di un’inchiesta classificata. Se ne saprà di più nei prossimi giorni.