Boro negli scarichi, la Regione vince il primo round al Tar contro una cartiera

31 ottobre 2023 | 16:47
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Boro negli scarichi, la Regione vince il primo round al Tar contro una cartiera

L’azienda di Lucca aveva impugnato un decreto dell’ente regionale che fissa limiti stringenti sulle concentrazioni della sostanza che può essere tossica per la vegetazione

Da un lato ci sono le aziende che creano posti di lavoro e benessere e dall’altro le istituzioni che devono garantire che le attività produttive rispettino le regole, e in materia di salute tale compito spetta innanzitutto alla Regione specie in sede di rilascio delle varie certificazioni. E quando si parla di sostanze chimiche i rischi sono sempre molto alti e quindi bisogna vigilare e ne vengono fuori contenziosi di vario genere e a vario livello.

Nella guerra del boro, ad esempio, il primo round se lo è aggiudicato la Regione Toscana. Il boro è un elemento relativamente scarso in natura, ma si trova concentrato in depositi superficiali soprattutto sotto forma di borati. Il boro elementare e i suoi composti e derivati trovano svariati impieghi industriali, e in città e provincia è uno delle sostanze reflue delle cartiere. Una cartiera di Lucca aveva impugnato al Tar un decreto regionale che fissava limiti stringenti per la concentrazione negli scarichi di tutte le aziende del comparto. Questo perché il boro a determinate concentrazioni è fitotossico, cioè danneggia e uccide le piante, e se finisce nelle falde e quindi poi negli organismi viventi può provocare danni alla salute, come certificato dal ministero della salute che scrive sul suo sito web ufficiale: “Effetti sull’uomo. Nell’uomo sono stati segnalati casi di avvelenamento acuto da boro a seguito di applicazione di medicazioni con polveri o unguenti contenenti acido borico a seguito di ingestione si sono verificati casi di avvelenamento acuto, caratterizzati dalla presenza di sintomi come disturbi gastrointestinali, eruzioni eritematose cutanee, segni di stimolazione seguiti da depressione del sistema nervoso centrale. L’esposizione cronica al boro o suoi derivati porta ad irritazione del tratto gastrointestinale, con anoressia, nausea e vomito, comparsa di eritema, riduzione dell’escrezione urinaria di calcio e magnesio ed aumento dell’escrezione di ormoni steroidei”.

Nella sentenza del Tar di Firenze pubblicata ieri mattina (30 ottobre) che ha dato torto alla  cartiera lucchese che chiedeva l’annullamento del decreto e soglie di concentrazioni doppie rispetto agli standard fissati dalla Regione, 2 mg/l che sono già doppi a loro volta rispetto ai parametri fissati dall’Oms (1 mg/l), si evince chiaramente la preoccupazione dell’ente derivante, come sempre, da pareri di Arpat. Si legge infatti in sentenza: “Lo stato di qualità del fiume Serchio, nel quale secondo quanto riferito dal dipartimento di Arpat di Lucca le cartiere in questione scaricano direttamente, è suddiviso in  stato ecologico e stato chimico, determinata a cadenza triennale. Un tabella mostra che lo stato chimico e soprattutto quello ecologico non risultano stabili e sono presenti criticità nei due tratti medi; si tratta quindi di un corpo idrico da non sottoporre ad ulteriori stress, sia di natura chimica che altro, visto che già sopporta forti pressioni antropiche. Il boro è un microelemento che in concentrazioni crescenti può diventare fitotossico, inoltre è da considerare il rischio di contaminazione della falda sotterranea, viste le interrelazioni tra corpo idrici superficiali e sotterranee. Conclusioni: Considerato lo stato ecologico e chimico dell’intera asta del Fiume Serchio, recettore di molte attività cartiere, si concorda con le conclusioni del dipartimento di Lucca per il boro e quindi si ritengono non accettabili: una deroga illimitata nel tempo, in quanto non può essere concessa una deroga a tempo indeterminato; una concentrazione doppia rispetto al limite imposto dalla norma nazionale, in quanto limiti diversi non possono essere meno tutelativi per l’ambiente”.

Insomma il Serchio è già sotto stress dal punto di vista chimico e non può reggere ulteriori sollecitazioni provenienti da comparti industriali. Conclude infatti la sentenza del Tar: “le argomentazioni della cartiera non tengono conto che anche altre industrie del settore immettono i propri reflui industriali (con presenza di boro) nel medesimo condotto (fiume Serchio). In conclusione il ricorso, siccome in toto destituito di fondamento, deve essere respinto”. La cartiera di Lucca dovrà quindi adempiere a tutte le indicazioni del decreto regionale di febbraio scorso per tenere sotto soglia le concentrazioni di boro negli scarichi. Tutte le cartiere ovviamente. Con costi che forse si volevano evitare. Ma la vicenda è ben più ampia e riguarda tutti i cittadini.

Lo stato chimico dei fiumi regionali e del Serchio

Nelle scorse settimane Arpat aveva divulgato un dossier sullo stato dei fiumi toscani e del fiume Serchio (qui il nostro articolo del 4 ottobre scorso: Fiumi inquinati, allarme da Arpat: “La Regione riveda le norme sul monitoraggio” – Luccaindiretta). “Lo stato chimico dei fiumi, invece, è buono per il 56% dei fiumi oggetto di monitoraggio e non buono per il restante 44%. Le sostanze che determinano lo scadimento chimico sono tra le altre: Pfas, acido perfluottansolfonico (Pfos), benzo [a] pirene, mercurio, nichel, piombo ma anche tributilstagno, cibutrina, fluorantene con concentrazioni medie superiori ai valori limiti in una sola stazione di monitoraggio”.

In allegato sul sito di Arpat c’è un file con centinaia di dati, rilevazioni, punto esatto del monitoraggio ecc. per cui nessuno in regione può più far finta di niente. I dati ci sono, esistono e vanno solo letti. E non per mera conoscenza o per cultura ma per capire cosa si può fare per cambiare questo trend pericolosissimo per la natura, per salute umana di tutti gli abitanti della regione Toscana, situazione che sempre a detta di Arpat è ormai costante da anni. L’agenzia regionale chiede nel dossier anche una serie di cambiamenti nelle normative sui monitoraggi. “Ciò comporta la necessità, per chi esegue i campionamenti di spostarsi sul territorio per ricercare punti di accesso all’alveo che risultino in sicurezza e al contempo rappresentativi dell’habitat da studiare. A tali difficoltà, negli ultimi anni, si sta aggiungendo il problema delle frequenti secche dovute ovviamente a condizioni meteo più drastiche. In considerazione di quanto detto, è auspicabile una revisione della delibera che sostituisca e integri i punti di monitoraggio, rendendoli più idonei alle attività di campionamento chimico e biologico”. La battaglia tra controllori e controllati prosegue, nel mezzo non solo il rispetto delle regole ma anche il benessere dell’ambiente, della natura e la salute di tutti, quando in ballo ci sono sostanze chimiche, utilissime per le industrie ma sempre molto rischiose.