Il nonno di Lucca è emigrato in Brasile a fine Ottocento: sì alla cittadinanza italiana per un 51enne

Anche la Corte d’Appello conferma l’ordinanza del tribunale di Roma, orientandosi fra normative che sfiorano la storia
Si è dovuti risalire fino a un lontano avo nato nel 1876 ed emigrato in Brasile verso la fine del diciannovesimo secolo, tale Carlo Magnanelli, di Lucca, e navigare attraverso l’analisi di norme giuridiche italiane e brasiliane a cavallo fra l’Ottocento e il Novecento. Ma alla fine la prima sezione civile della Corte d’Appello di Roma, ha accolto il ricorso per il riconoscimento della cittadinanza italiana di un 51enne nato in Brasile, che ha confermato l’ordinanza già emessa dal tribunale di Roma.
L’appello contro il riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinisè stato presentato dal ministero dell’interno e da quello degli esteri secondo i quali nella decisione ci si sarebbe dovuti riferire ad un evento storico quale il decreto di ‘grande naturalizzazione’ brasiliana emesso nel 1889. Il decreto della cosiddetta grande naturalizzazione prevedeva che tutti gli individui presenti sul territorio della repubblica brasiliana alla data del 15 novembre 1889 erano considerati cittadini brasiliani, salvo che non dichiarassero espressamente – entro 6 mesi – di voler mantenere la cittadinanza di origine. A questo si aggiungerebbero le disposizioni del codice civile vigente all’epoca, che prevedeva la perdita della cittadinanza italiana in caso di rinuncia o di acquisizione della cittadinanza di un altro paese straniero e una serie di legislazioni successive alcune delle quali tese a mantenere un legame fra la madrepatria e le comunità italiane emigrate all’estero. L’appello del ministero è stato respinto, comunque, facendo riferimento alla giurisprudenza della Cassazione secondo cui “ove la cittadinanza sia rivendicata da un discendente, null’altro – a legislazione invariata – spetta a lui di dimostrare salvo che questo: di essere appunto discendente di un cittadino italiano; mentre incombe alla controparte, che ne abbia fatto eccezione, la prova dell’evento interruttivo della linea di trasmissione”.
“Nel caso in esame – questo stabilisce la Corte d’Appello – non è stata fornita la prova di alcun elemento idoneo ad interrompere la linea di discendenza, ed in particolare non vi è prova che l’avo italiano fosse stato destinatario del decreto di naturalizzazione, né che da questo fosse scaturita l’attribuzione formale della cittadinanza brasiliana. Nemmeno vi è prova che egli o il figlio, cittadino brasiliano per nascita, avessero compiuto, prima dell’entrata in vigore della legge 555/1912, qualche “atto spontaneo e volontario finalizzato all’acquisto della cittadinanza straniera” nel senso precisato dalle Sezioni Unite della Cassazione”.