Tariffe illegittime per le copie delle pratiche edilizie: il Comune perde al Consiglio di stato

15 febbraio 2024 | 13:29
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Tariffe illegittime per le copie delle pratiche edilizie: il Comune perde al Consiglio di stato

I giudici hanno confermato la sentenza del Tar accogliendo il ricorso presentato da un geometra

La visione delle pratiche dell’ufficio edilizia del Comune deve essere gratuita e le tariffe per la riproduzione di eventuali estratti non devono “eccedere i costi effettivi sopportati, escluso ovviamente qualsiasi utile, non potendo l’amministrazione ricavare profitti dall’esercizio di un’attività istituzionale connessa al diritto di accesso”. E’ quanto scrivono i giudici del Consiglio di Stato nella sentenza con la quale hanno respinto il ricorso del Comune di Lucca sul pronunciamento del Tar della Toscana del 2019, confermando l’accoglimento dell’istanza presentata da un geometra di Lucca, contro la revisione delle tariffe per le copie di atti dell’ufficio edilizia. Tariffe che erano state fissate attraverso la delibera di giunta 252 dell’11 dicembre 2012 e che sono state ritenute illegittime dal professionista che ha impugnato il provvedimento al Tar.

Il geometra, più nello specifico, attraverso il ricorso al tribunale amministrativo regionale della Toscana, aveva sostenuto che la tariffa sarebbe stata superiore ai semplici costi di riproduzione, chiamando in causa la violazione del principio della gratuità del diritto di accesso sancito dalla legge 241 del 1990, oltre che dallo Statuto comunale. Nell’aprile del 2019, il Tar aveva accolto ricorso contro cui l’amministrazione comunale ha proposto ricorso al Consiglio di Stato.

Per i giudici però le tariffe applicate non sarebbero congrue rispetto al principio di gratuità della visione di simili documenti che deve essere garantito. “La visione dei documenti – scrivono infatti i giudici del Consiglio di Statonon può che essere gratuita; se così non fosse, la regola della trasparenza, ormai vigente come principio generale dell’azione amministrativa e quindi da intendersi anche come ampliativo ed estensivo delle disposizioni in materia di diritto di accesso, non avrebbe una idonea attuazione. L’amministrazione, nella fissazione dei costi per la riproduzione deve limitarsi a richiedere l’importo esatto dell’onere di riproduzione in concreto delle copie secondo i criteri di ragionevolezza e proporzionalità. In ogni caso quindi la somma richiesta non può eccedere i costi effettivi sopportati, escluso ovviamente qualsiasi utile, non potendo l’amministrazione ricavare profitti dall’esercizio di un’attività istituzionale connessa al diritto di accesso”.

Il Consiglio di Stato, dunque, ha riconosciuto la validità della conclusione del Tar, che “esclude come possa istituirsi una specifica e nuova tassa extra ordinem, come avvenuto nel caso di specie in cui la tariffa di 20 o 35 euro per la visione delle pratiche sarebbe finalizzata a coprire i costi delle attività di ricerca e messa a disposizione della documentazione”. La tariffazione, in particolare, sempre stando ai giudici, sarebbe illegittima “sia laddove prevede un costo per la visione, sia laddove introduce una somma autonoma e distinta, per lo svolgimento di un’attività (quindi in termini di tassa) di ricerca, rispetto alle vigenti disposizioni in tema di bollo e di diritti di segreteria e di visura”.

Non solo. Secondo i giudici “è evidente che l’incremento delle attività connesse all’attuazione del principio di trasparenza abbia dei costi in termini di tempo e di risorse organizzative, in termini di politica economica; le relative conseguenze tuttavia non possono essere individuate con modalità scollegate dalla norma di principio che regola l’esercizio di un diritto, quale quello di accesso, posto a garanzia del cittadino nei confronti dell’attività autoritativa”.