Mobbing e demansionamento, il chirurgo plastico chiede oltre 800mila euro all’Asl: anche la Cassazione gli dà torto

Chiuso un lungo contenzioso con colleghi e vertici dell’allora Asl 2 di Lucca: dovrà pagare le spese del giudizio per ciascuno dei controricorrenti
Non ci fu mobbing da parte dei colleghi e dei dirigenti dell’Asl 2 di Lucca (ora confluita nell’Asl Toscana NordOvest) nei confronti di un chirurgo plastico dell’unità operativa dell’azienda sanitaria.
A mettere la parola fine al contenzioso civile una ordinanza della Corte di Cassazione dello scorso 12 gennaio, le cui motivazioni sono state depositate in questi giorni. La richiesta risarcitoria, quantificata in 840mila euro, era stata respinta sia in primo grado sia in corte d’Appello.
Quest’ultima, in particolare, ha escluso che “le condotte degli appellati fossero riconducibili ad un intento vessatorio nei confronti dell’appellante, costituendo il risultato di una situazione di conflittualità riconducibile anche a reiterati inadempimento dello stesso appellante e all’atteggiamento di autoisolamento assunto da quest’ultimo”. Esclusa dall’appello anche la fattiscpecie del demansionamento essendosi dimostrate alcune condotte del medico tali da precludere che lo stesso “potesse essere affidabilmente coinvolto nella programmazione e gestione degli interventi più importanti e delicati dello stesso reparto”. In particolare si contestava la “mancata partecipazione alle riunioni di reparto destinate alla programmazione ed al confronto fra tutti gli altri medici; opera di abituale denigrazione dei propri colleghi e comportamenti di aggressività verbale e perfino fisica; manifestazione ai pazienti di giudizi negativi sui colleghi; mancato rispetto della prassi di regolazione preventiva dei turni e delle ferie”.
Il ricorso per Cassazione è stato però ritenuto inammissibile. Secondo la Corte, infatti, i motivi di ricorso sarebbero tutti incentrati sulla necessità di una diversa valutazione dei fatti in causa, cosa non ammessa in questa fase di giudizio, e non su violazione o falsa applicazione di legge. Il ricorrente è stato quindi condannato al pagamento delle spese di giudizio di Cassazione pari a 7200 euro per ognuno dei controricorrenti.