Cuoco ucciso nel suo appartamento: condanne definitive a 15 anni per i due coinquilini

Roshan Silva era stato colpito con una sedia e altre suppellettili e lasciato morire in camera da letto: la Cassazione respinge il ricorso dei due accusati di omicidio volontario
Si erano accusati a vicenda, pur di evitare la condanna. E questo era stato uno dei tanti elementi che aveva portato prima la procura e poi il giudice a ritenere entrambi responsabili dell’omicidio del loro coinquilino, il cuoco ed ex militare di 50 anni, Roshan Silva Kalukankanamalage, originario dello Sri Lanka che la notte del 19 aprile del 2019 era stato ucciso nell’appartamento di via del Toro in pieno centro storico a Lucca che condivideva con i due che si sarebbero rivelati i suoi assassini. Nei confronti degli ex coinquilini della vittima, i giudici della Cassazione hanno confermato la condanna a 15 anni di reclusione ciascuno, emessa il 13 ottobre 2021 dalla Corte d’Appello di Firenze, scrivendo la parola fine, dal punto di vista giudiziario, su un terribile delitto che aveva impressionato la città.

Sul banco degli imputati con l’accusa di omicidio volontario erano finiti il 32enne Gayan Chaturanga Warnakulasuriya Mudianselage, all’epoca dei fatti richiedente asilo, e il 40enne Samit Gayan Poruthotage Fernando, quest’ultimo cuoco e come la vittima un ex militare dell’Esercito dello Sri Lanka. I due erano stati arrestati dopo le indagini compiute dagli investigatori della squadra mobile di Lucca. I due avevano presentato ricorso contro la sentenza di secondo grado. Il primo, in sostanza, aveva sostenuto di aver agito per legittima difesa, mentre l’altro aveva proposto appello contro la condanna sostenendo di non aver partecipato all’omicidio. Ma i giudici della Cassazione hanno giudicato entrambi i ricorsi inammissibili, confermando le valutazioni della Corte d’Appello che, ugualmente, aveva confermato la condanna emessa dal tribunale di Lucca l’11 dicembre del 2020. Il gup, con rito abbreviato, aveva condannato entrambi a 15 anni di reclusione.
Secondo la ricostruzione che all’epoca aveva sostenuto l’accusa, dopo l’omicidio i due erano scesi in strada a fumarsi una sigaretta e poi si erano messi a letto. A pochi centimetri dalla loro stanza, nell’altra camera di quell’appartamento di via del Toro, moriva, agonizzante, Roshan Silva Kalukankanamalage, dopo qualche disperato tentativo di rialzarsi da terra e chiamare aiuto. Non ce l’aveva fatta e mentre i suoi due coinquilini, accusati del delitto, cercavano maldestramente di cancellarsi da dosso o nascondevano i vestiti imbrattati del suo sangue prima di gettarsi a letto per smaltire i postumi della sbornia, lui si accasciava ai piedi del letto, perdeva i sensi e moriva. E’ quello, almeno, che avevano ricostruito gli inquirenti, raccogliendo una serie di elementi che avevano portato sotto inchiesta i due coinquilini del cuoco.
Secondo la polizia, tra l’1,45 e le 3 di notte lo avevano aggredito, colpendolo con una sedia alla schiena e ferendolo con le schegge di legno sparse ovunque sulla scena del crimine: oggetti acuminati, vere e proprie armi da taglio, in grado di provocare le ferite che erano state trovate sul corpo martoriato della vittima. Poi uno dei due, sempre stando alle ipotesi dell’accusa, gli avrebbe spaccato un piatto in testa: al coccio erano rimasti attaccati dei capelli della vittima, che infatti presentava una vistosa ferita alla nuca, insieme ad un ematoma all’emitorace e ad un profondo taglio, probabilmente da difesa, all’avambraccio sinistro.
Colpito con accanimento, aveva sostenuto l’accusa, e attinto anche ai piedi e alle gambe dai suoi assalitori che dopo aver infierito lo avrebbero lasciato morire così. Secondo i giudici entrambi i coinquilini si sarebbero trovati sulla scena del crimine nella notte del delitto: dopo aver trascorso la serata fuori, per l’accusa, erano rincasati attorno all’1,45. In quell’orario le telecamere di videosorveglianza della zona li avevano ripresi mentre varcavano il portone di casa – al mattino trovato sporco di sangue – e salivano al primo piano. Pochi minuti dopo, all’interno era iniziata una lite: nelle immagini delle telecamere che erano state acquisite si vedevano infatti vicini affacciarsi alle finestre e un passante sostare di fronte alla casa e alzare la testa alla finestra della camera da letto di Roshan Silva da cui provenivano grida.
I due coinquilini accusati del delitto erano da poco in quella casa: Roshan li conosceva da qualche tempo, specie Samit Gayan, anche lui ex militare. Aveva deciso di ospitarli nella casa che condivideva con la compagna, perché da poco aveva perso il lavoro. Un modo per arrotondare, in attesa di trovare una nuova occupazione. Ma secondo l’accusa si era messo in casa i suoi assassini.