“Come è nato il femminicidio”, il saggio di Irene Peluso indaga le origini del fenomeno

L’esperta: “Alla base delle violenze c’è la ribellione dall’assoggettamento, che nasce da una società patriarcale che ha radici profonde nella storia del genere umano”
Dal pensiero di Platone e Aristotele, passando dal giudizio irrevocabile della Chiesa, fino al disconoscimento giuridico della donna. Irene Peluso, laureanda in Servizi giuridici curriculum criminologia e studentessa del Master in Scienze forensi e criminologia investigativa, scava affondo nelle radici del femminicidio con il suo nuovo saggio “Come è nato il femminicidio: Conseguenze sul decorso evolutivo dell’umanità”.
“Ho deciso di scrivere questo saggio dopo il femminicidio avvenuto a pochi chilometri da dove abito io a Fornaci di Barga – racconta Irene Peluso -. Questo mi ha dato lo stimolo per scavare a fondo nella storia sulla nascita del femminicidio. Il femminicidio si verifica principalmente per ribellione dall’assoggettamento, ho la consapevolezza che per un uomo, l’omicidio di una donna non viene vissuto come un reato, ma come un diritto.E’ la stessa società a giustificarlo, le radici del femminicidio hanno una storia molto antica. La legge, la vita, la stessa storia studiata è la storia degli uomini, non delle donne, sono loro a farla, solo una esigua minoranza di donne è riuscita a farsi largo. Di conseguenza l’evoluzione mentale è stata condizionata irreparabilmente ed oggi occorre tornare indietro per rieducare le persone. Rieducare soprattutto i bambini, perché saranno loro gli adulti di domani che dovranno cambiare la società. Con gli adulti la situazione è sempre più difficile ma non bisogna perdere le speranze”.
Secondo Peluso le strutture di accoglienza e protezione delle donne hanno completamente sbagliato approccio: “Ad essere confinate in queste strutture di protezione, non dovrebbero essere le donne che hanno subito violenza, ma gli uomini che l’hanno provocata. Sono loro che dovrebbero essere rinchiusi e recuperati, perché il confinamento di una donna che ha subito violenza, facendolo passare come un bene per loro, è figlia di una mentalità patriarcale, tipica della società in cui viviamo. Senza contare che l’istinto del predatore diventa ancora più aggressivo nel momento in cui ciò che è considerato oggetto di proprietà gli viene sottratto”.
“Ci vogliono delle soluzioni al problema, che possono giungere soltanto nel momento in cui si comprende come è nato – conclude Peluso -. Ci sono comunque delle soluzioni che possono essere prese nel breve termine: una rieducazione da parte delle scuole sui bambini, una rieducazione e un confinamento di uomini risultati pericolosi in strutture di protezione e naturalmente, celerità nel raccogliere le denunce, nel verificarle e canali preferenziali diretti in tribunale”.
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