Figlio di 4 anni allontanato dalla famiglia dopo le denunce di maltrattamenti della sorella: tutti risarciti

Il giudice del tribunale di Lucca ha riconosciuto lecita la richiesta danni per il trauma subito dai genitori e dal bambino e condannato al pagamento il Comune di residenza
Una sentenza delicata e che, a suo modo, è destinata a rappresentare un precedente importante. È quella del tribunale di Lucca, a firma del giudice Giampaolo Fabbrizzi, che è stato chiamato, in prima istanza, a dirimere una vicenda molto delicata.
Tutto risale all’allontanamento dalla propria casa di una ragazza diciassettenne che, rintracciata dalle forze dell’ordine, ha accusato i genitori di maltrattamenti in famiglia. Un’accusa che ha convinto il sindaco del Comune di residenza (che omettiamo per motivi di privacy) a chiedere l’intervento dei servizi sociali e ad adottare un provvedimento di allontanamento del figlio secondogenito della coppia, di soli 4 anni, con collocamento in una comunità. Un provvedimento poi eseguito effettivamente da servizi sociali, polizia municipale e carabinieri.
I fatti denunciati dalla diciassettenne, però, al vaglio della magistratura, si sono rivelati con il tempo palesemente falsi. Ma nonostante questo il bambino di 4 anni è stato tenuto lontano dai genitori per oltre 40 giorni, finché il presidente della Corte d’Appello di Firenze non ha revocato il provvedimento.
I genitori del bambino, anche a nome del figlio sul quale esercitano la patria potestà, hanno a quel punto chiesto i danni per i “gravissimi pregiudizi di natura psichica, con compromissione permanente della sfera della salute individuale” derivati dalla decisione del sindaco del Comune di residente, oltre al pagamento delle spese mediche e legali e al danno da lucro cessante per la cessazione dell’attività lavorativa del padre del bambino.
Anche con il ricorso a periti il giudice ha ricostruito la liceità delle richieste da parte della coppia. Sostanzialmente si è dimostrato, almeno nell’aula di primo grado del tribunale, che l’istruttoria da parte dell’ente e dei suoi servizi sociali in ordine all’effettivo rischio dell’incolumità fisica e psichica del minore, è stata carente e ha tenuto solo conto della denuncia della figlia maggiore della coppia. In particolare è stato ricostruito che la conflittualità familiare si è comunque sempre mantenuta all’interno di una educazione severa e patriarcale, ma comunque non tale da recare grave pregiudizio ai figli.
Tutti i componenti della famiglia, dunque, padre, madre e figlio minorenne (i fatti risalgono al 2018), sono stati risarciti.
Al padre, affermato imprenditore, che ha interrotto la sua attività per ricercare un impiego di lavoro subordinato, sono stati riconosciuti quasi 61mila euro per il danno non patrimoniale, per invalidità biologica e permanente. Alla moglie è stato riconosciuto, invece, un danno non patrimoniale da oltre 46500 euro.
Al figlio, infine, viene riconosciuto il danno maggiore per il trauma patito: un danno quantificato in quasi 106mila euro. Ai risarcimenti si aggiunge anche la condanna per le spese di lite, pari a quasi 17mila euro per compensi professionali e per le spese vive. A carico del Comune convenuto anche le spese per le perizie d’ufficio.