Omicidio in cartiera, convalidato il fermo di Marian Pepa: davanti al Gip si è avvalso della facoltà di non rispondere

11 gennaio 2025 | 14:24
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Omicidio in cartiera, convalidato il fermo di Marian Pepa: davanti al Gip si è avvalso della facoltà di non rispondere

L’autotrasportatore 50enne attenderà l’evolversi del procedimento in carcere. Si è presentato spontaneamente in caserma dei carabinieri dove ha avuto un malore. Ancora da chiarire la dinamica dei fatti

Si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al Gip Simone Silvestri, Marian Pepa, l’autotrasportatore 50enne che, in stato di confusione, si è presentato in caserma per assumersi la responsabilità dell’omicidio di Artan Kaja, 52enne piccolo imprenditore nel settore della movimentazione, trovato morto vicino al cancello di un deposito della Kappa Smurfit nella tarda serata dello scorso 7 gennaio.

L’uomo non ha risposto alle domande del giudice, tese a capire meglio il contesto del delitto, continuando a ripetere, quasi come un mantra, quanto già affermato davanti agli inquirenti dei giorni scorsi. Pepa dichiara di essere il responsabile di quanto avvenuto martedì scorso. Non una piena confessione, dunque, nessun movente o dettaglio della dinamica dell’evento, ma una frase che lascia spazio a interpretazioni.

Marian Pepa si è presentato giovedì (9 gennaio) dai carabinieri per affermare le proprie responsabilità legate all’omicidio. Proprio in quella sede ha accusato un malore ed è stato trasportato al pronto soccorso per le cure del caso. Dopo di che i militari hanno disposto il fermo di indiziato di delitto, con l’autorizzazione della pm titolare delle indagini, la dottoressa Lucia Rugani. Il gip, dopo l’interrogatorio di questa mattina, ha convalidato l’arresto con la misura della custodia cautelare in carcere. L’uomo si trova al carcere di San Giorgio già dalla giornata di ieri (10 gennaio) e ha trascorso la prima notte dietro le sbarre.

Non mancano i dubbi sulla ricostruzione complessiva dell’evento dello scorso martedì e sul comportamento del 50enne. Secondo quanto ricostruito l’uomo, dopo il fatto che ha portato alla morte di Artan Kaja, avrebbe perso il telefono cellulare. Avrebbe poi vagato per un’intera giornata prima di decidersi di presentarsi davanti ai carabinieri per ‘assumersi la responsabilità del fatto’. Nel frattempo l’evento era ancora considerato come un malore sul posto di lavoro e la morte causata da una ferita alla testa dovuta a una caduta. Sulle prime, infatti, gli inquirenti non avrebbero creduto a quella che non può a tutti gli effetti definirsi una confessione. Ma da allora è partita tutta un’altra ricostruzione dell’evento, che ha coinvolto anche il medico legale, incaricato dalla pm di effettuare l’autopsia. La dottoressa Ilaria Marradi dovrebbe effettuarla il prossimo martedì, per dare ulteriori elementi agli inquirenti di quanto accaduto in quel deposito.

Nel frattempo è stata effettuata una radiografia sul corpo dell’imprenditore 50enne: il proiettile sarebbe stato individuato, ancora all’interno del cranio. Una ferita del tutto compatibile con la ferita alla testa considerata fin da subito la causa della morte.

Nel frattempo i carabinieri, delegati delle indagini dal pubblico ministero, hanno cercato di ricostruire i rapporti fra Kaja e Pepa. I due si frequentavano regolarmente fino a che qualche mese fa un litigio non aveva posto fine alla loro frequentazione. Si cerca di capire, a questo punto, se sia stato questo screzio a scavare un solco fra i due che avrebbe poi portato all’aggressione mortale.

Di certo c’è che, al momento, Marian Pepa, assistito dall’avvocato d’ufficio Mara Nicodemo, si è chiuso nel silenzio più stretto, salvo ripetere in continuazione della sua responsabilità sull’evento. Se nulla interverrà le accuse nei suoi confronti saranno di omicidio volontario.