Parassita nel cinghiale cacciato, sequestrata la carne

14 febbraio 2025 | 11:10
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Parassita nel cinghiale cacciato, sequestrata la carne

La trichinellosi può essere prevenuta osservando alcune specifiche misure igienico sanitarie

Il grosso cinghiale maschio, di circa 80 chilogrammi ed età stimata in 28 mesi, era stato abbattuto lo scorso 14 dicembre nel comune di Careggine, in Valle del Serchio.

Dopo le necessarie analisi, l’Azienda Usl Toscana nord ovest (unità funzionale Sicurezza alimentare e sanità pubblica veterinaria della zona Valle del Serchio, con sede a Gallicano), ha confermato la presenza di Trichinella britovi in un muscolo appartenente alla carcassa di cinghiale, In seguito al riscontro della Trichinella spp da parte dell’Istituto zooprofilattico sperimentale del Lazio e Toscana (sezione di Pisa) e in attesa della conferma da parte dell’Istituto superiore di sanità, sono stati avvisati i componenti della squadra di caccia interessata e sono stati disposti il sequestro e la distruzione delle carni infestate dal parassita.

A scopo puramente precauzionale, per evitare possibili contaminazioni delle persone, si ricorda che la trichinellosi può essere prevenuta osservando alcune specifiche misure igienico sanitarie (https://www.epicentro.iss.it/trichinella/). La carne di cinghiale va consumata ben cotta, in modo che le eventuali larve presenti vengano inattivate o distrutte dal calore (è sufficiente 1 minuto a 65 gradi). Il colore della carne deve virare dal rosa al bruno: la salatura, l’essiccamento, l’affumicamento e la cottura nel forno a microonde della carne non assicurano l’uccisione del parassita.

Se non è noto se la carne è stata sottoposta a esame trichinoscopico inoltre, è bene congelarla per almeno 1 mese a -15 gradi: un congelamento prolungato, infatti, uccide le larve. La selvaggina e i maiali macellati a domicilio devono essere esaminati da un veterinario e fatti analizzare per determinare l’eventuale presenza delle larve del parassita nelle carni e nel caso in cui si allevino maiali, è necessario impedire che mangino la carne cruda di animali, che potrebbero essere stati infestati dal parassita.

L’ultima positività al parassita sul territorio aziendale, sempre nella zona Valle del Serchio, si era registrata nel 2013, con il rinvenimento anche in quell’occasione della specie Trichinella britovi. In quella precedente occasione vi furono anche casi di infestazione umana. In particolare l’infezione si era sviluppata in una trentina di cacciatori a seguito di una cena in cui erano state consumate salsicce di cinghiale crude.

Nell’uomo il quadro clinico varia dalle infezioni asintomatiche a casi particolarmente gravi, sino anche al decesso. La sintomatologia classica è caratterizzata da diarrea (che è presente in circa il 40% degli individui infetti), dolori muscolari, debolezza, sudorazione, edemi alle palpebre superiori, fotofobia e febbre. Il ciclo biologico del parassita, appartenente alla classe dei nematodi (vermi tondi) comprende nel suo ciclo selvatico sia animali predatori (volpe, lupo, mustelidi) che onnivori (cinghiali).